diritti civili

Schuster: "Decisione di Strasburgo su permesso di soggiorno a coppia gay nel solco di sentenza sul trentino Oliari"

Italia condannata a risarcire i «danni morali» provocati per aver rifiutato di rilasciare il documento per il ricongiungimento familiare



TRENTO. La Corte europea dei diritti umani ha condannato l'Italia a risarcire i «danni morali» provocati per aver rifiutato di rilasciare il permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare ad un cittadino neozelandese che voleva vivere nel nostro paese col suo compagno italiano.

In questo modo, per i giudici di Strasburgo, l'Italia ha violato il diritto della coppia a non essere discriminata. La sentenza prevede un risarcimento di 20.000 euro. Diventerà definitiva tra 3 mesi se le parti non ricorreranno in appello. A ricorrere a Strasburgo nel 2009 sono stati Roberto Taddeucci e il suo compagno neozelandese Douglas McCall.

«Questa coppia di amici sono forse i primi rifugiati all'estero per amore, perché nel loro Paese non potevano vivere come famiglia. La decisione di Strasburgo si colloca nel solco della sentenza Oliari e di altre sentenze, che affermano con chiarezza che anche la vita di una coppia omosessuale è vita famigliare e va tutelata al pari di ogni altra». Lo afferma l'avvocato trentino Alexander Schuster, intervento nel procedimento quale rappresentante di Ecsol (European Commission on Sexual Orientation Law), di cui è il membro per l'Italia, ed era l'unico avvocato italiano coinvolto nella procedura europea. I ricorrenti sono stati rappresentati davanti alla Corte dal professor Robert Wintemute.

«Con la legge sulle unioni civili - prosegue l'avvocato Schuster - questa carenza di tutela è stata rimediata, ma la sentenza Taddeucci assumere rilevanza per tutti quegli Stati europei che ancora non tutelano adeguatamente queste coppie». Nel quadro delle proprie attività pro bono, lo studio Schuster ha sviluppato nella propria memoria il dato comparato e mostrato come «la tutela della vita famigliare anche nel contesto di conviventi - viene spiegato dal legale - sia un dato su cui si registra un ampio consenso fra tutti gli Stati dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa. È stato anche rilevato come verosimilmente vi è stato un errore di interpretazione del diritto italiano all'epoca dei giudizi nazionali, in quanto l'Italia era tenuta a considerare in concreto la vita famigliare dei ricorrenti e a motivare nel merito il rifiuto opposto. Tale studio comparato non è stato contestato dal Governo italiano ed è stato utilizzato dalla Corte per dare ragione ai ricorrenti».













Scuola & Ricerca

In primo piano