la storia

«Ritornata in Ucraina» Mariya con marito e figli di nuovo sotto le bombe

 A Pergine e Nogaré aveva trovato la pace. Diario di viaggio; il ritorno per permettere ai bambini di abbracciare papà


*** Mariya Yaremchyshyn ––––––––


TRENTO. Mariya Yaremchyshyn ha 38 anni e coraggio da vendere. Qualche settimana fa a Nogaré abbiamo incontrato questa donna ucraina di Leopoli a Nogaré (Comune di Pergine Valsugana), dove abitava assieme ai figli Zaccaria (6 anni) e Michele (4), ospite della parrocchia. Mariya conosce bene il Trentino: ci ha lavorato per qualche anno in passato e la madre Alina, che fa la badante, in Trentino è di casa. Nel fango e nei cieli dell'Ucraina continua la guerra, ma Maryia ha deciso di tornare in patria dove l'aspetta il marito.

«Lui non poteva scappare e venire qui in Italia perché il Governo di Kiev, se sei un uomo, ti costringe a stare nel Paese. Te ne puoi andare assieme alla famiglia solo se di figli ne hai tre. E poi là, a Leopoli, ci sono i suoi genitori anziani». Le abbiamo chiesto chi glielo fa fare di tornare sotto le bombe. «Perché là c’è mio marito Michele, il padre dei nostri figli. Lui vorrebbe che io restassi qui al sicuro, ma io ci ho pensato. Lui potrebbe essere arruolato dall’esercito ucraino. Finora non è successo. Potrebbe accadere tra una settimana, tra un mese o due. Oppure potrebbe non accadere mai. Oppure potrebbe essere arruolato domani e potrebbe succedere il peggio. Ecco, io ci ho pensato e credo che sia giusto portargli i nostri figli, farglieli abbracciare. È un padre. E un padre da noi, in una famiglia, vale esattamente come una madre. I bambini hanno bisogno di un papà. E poi sono due maschietti e hanno bisogno di una figura maschile, di un esempio da seguire. Hanno bisogno di avere accanto il papà come lui ha bisogno di avere accanto loro». Con lei non abbiamo parlato di guerra. Non abbiamo parlato di Putin (che la madre descrive come il demonio) né di Zelensky. Ci siamo concentrati sull'umanità, sull'essere umani, che poi non è che da cittadini ci si identifica nel proprio presidente: non tutti gli italiani si identificano in Giorgia Meloni come non tutti gli ucraini si identificano in Volodymyr Zelensky.

Lo ha detto e lo ha fatto, Mariya. Venerdì è partita, assieme ai bambini e mamma Alina: un viaggio in pullman e dietro, al volante della sua auto, un autista che lei ha coinvolto e che le restituirà la sua piccola utilitaria gialla, una Daewoo Matiz, la stessa con cui alla disperata aveva fatto il viaggio di andata. Qui sotto un breve diario, scritto da Mariya: una serie di messaggi e di immagini che ha inviato via Whatsapp alla nostra redazione. A.TOM.

Abbiamo fatto i bagagli. Siamo partite da Bolzano, perché là ci sono altre persone come noi che stanno rientrando. Sono molto emozionata, ho tanti pensieri. Come potete immaginare c'è tanta preoccupazione per i miei figli. Non so come andrà e cosa ci aspetterà, ma siamo ottimisti. Vogliamo pensare positivo. Vogliamo pensare che la guerra finirà presto e che noi torneremo alla normalità, alla vita di prima, fatta di pace. Siamo saliti su questo autobus che ci sta portando a casa. I bambini sono contenti di poter rivedere il loro papà, anche se da voi in Trentino si erano trovati benissimo. Zaccaria lo avevo preiscritto alla scuola elementare di Madrano (parla bene l'italiano) ma per lui, per la sua crescita, voglio che studi in una scuola ucraina, nel suo Paese. Quando siamo partiti lui e Michele hanno guardato i vostri boschi, che gli mancheranno molto.

Penso alle tante persone italiane che ci sono state vicine e che ci hanno dato aiuto in questo periodo. Sono nuovi amici di Nogaré, di Pergine e di altre zone del Trentino. Per noi sono diventate una parte della nostra famiglia. Ci mancheranno tantissimo, ma sono certa che resteremo in contatto e che un giorno ci sarà modo di riabbracciarsi. Sono donne e uomini che rimarranno sempre nei nostri cuori e quando questa guerra finirà spero che verranno a Leopoli, come nostri ospiti. Leopoli è una bellissima città e la si potrà raggiungere in aereo, non come adesso che siamo sul pullman ed è tutto più fatico. Ci tengo a ringraziare i nostri amici trentini. Tanti mi chiedono come sto e come sta mia mamma e come stanno i bambini. Noi - vi sembrerà strano - torniamo in Ucraina felici perché là ci aspetta mio marito Michele, il papà dei nostri bambini. A chi mi chiede cosa penso e spero, rispondo che prima di tutto vorrei trovare la vittoria e la pace. Questo è molto importante

Questi sono miei pensieri. Lo so perfettamente che al momento non ce l’abbiamo, ma sono sicura che arriveranno e comunque io troverò la mia famiglia unita. Mentre vi scrivo sono seduta su questo pullman, che è arrivato al confine con la Polonia. Guardo fuori e poi osservo gli altri passeggeri: a bordo ci sono tante donne con bambini piccoli, che tornano a casa dai loro mariti. Non siamo tante a fare questa scelta, ma ci siamo. La paura? Io abbraccio i miei bambini e la mia mamma. Certo, è inevitabile e normale che abbiamo addosso tanta ansia, agitazione, paura, perché oggi noi non sappiamo che cosa potrebbe accadere domani. Non sappiamo che cosa ci può aspettare . Il futuro nessuno lo conosce. Noi preghiamo (la famiglia di Mariya è di religione greco cattolica). Abbiamo tanta paura, sì... ma crediamo che alla fine andrà tutto bene. Penso a quella che è stata la mia esperienza in Italia, da voi (lei e i suoi bambini sono stati prima a Pergine e poi a Nogaré, per un totale di quasi 14 mesi, ma lei aveva lavorato in Trentino anche in passato, dal 2009 al 2012 ha vissuto a Gardolo; per un periodo ha lavorato come assistente alla poltrona da un dentista, il dottor Alberto Nadalini). Sì, certo vorrei tornare ancora in Italia, da voi in provincia di Trento, ma questo potrà accadere solo dopo la nostra vittoria e potrò tornare con tutta la mia famiglia unita, con anche mio marito. Magari veniamo in vacanza e veniamo a visitare i nostri amici di Pergine Valsugana e di Nogaré. Il Trentino ha dato tanto per noi. Avete aperto le vostre braccia quando noi ci siamo trovati nel bisogno. Ci avete ospitati e ci avete accolti nel modo migliore. Abbiamo conosciuto persone meravigliose con un grande cuore. Grazie a voi abbiamo trovato la pace, la sicurezza e la serenità soprattutto per i bambini (quando abbiamo incontrato Mariya nella sua abitazione a Nogaré sua madre Alina ci ha raccontato che il piccolo Zaccaria all’inizio quando qui sentiva la sirena dell’ambulanza pensava che si trattasse dell’allarme sentito a Leopoli, quando si doveva correre nel bunker). Mio marito ci sta aspettando. Da un lato è felice perché ci potrà riabbracciare, dall’altro è preoccupato perché a Leopoli le sirene suonano ancora, anche di notte. Dal cielo arrivano i missili ma fortunatamente i militari li abbattono.

(Sabato pomeriggio alle 16, dopo 24 ore di viaggio, l’arrivo a casa, l’abbraccio del marito con la moglie, del padre con i figli, la famiglia unita).

 













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