Rapine e furti: gennaio nero

Sicurezza, un crescendo di aggressioni a Trento. Ma Bressan, ricercatrice di eCrime, avverte: «Guardare oltre i picchi, il trend non è in aumento. La crisi tra le cause»


di Chiara Bert


TRENTO. L’ultima aggressione è di due sere fa in via Tomaso Gar, pieno centro storico: una donna è stata gettata a terra e derubata di borsetta e cellulare. Meno di una settimana fa un’anziana era stata rapinata in Bolghera, qualche giorno prima due ragazze scippate a poche ore di distanza tra Piazza Duomo e via Dietro le Mura. Da inizio anno la scia di episodi criminali sembra lunghissima, passata per furti in casa e rapine a mano armata a diverse edicole. Fino al colpo più eclatante, al Mercatone Uno di San Michele: cinque uomini armati di pistole e mazze in azione, bottino oltre 100 mila euro di gioielli. Letti così, in fila, l’ondata preoccupa. Abbiamo chiesto a Serena Bressan, ricercatrice del gruppo eCrime dell’Università di Trento e coordinatrice del progetto eSecurity di aiutarci ad analizzare il fenomeno.

Bressan, l’ultimo periodo segnala un’ondata di alcune tipologie di reato. Cosa dicono i dati?

I dati sono quelli forniti dalla questura in forma anonima nell’ambito del progetto europeo eSecurity. Gli ultimi episodi che sono avvenuti segnalano sì una concentrazione soprattutto di reati di tipo appropriativo con bassa intensità di violenza, dai furti ai borseggi. Se però guardiamo i trend scopriamo che per quanto riguarda i furti in abitazione denunciati in città, sono assolutamente stabili: 402 nel 2012, 407 del 2013, con un tasso passato da 348,45 a 352,26 ogni 100 mila abitanti.

Se però andiamo più indietro, i dati Istat rilevano in Trentino Alto Adige un aumento dei furti in casa, dal 2010 al 2012, del 101%. Come si spiega questo balzo?

Se confrontiamo l’ultimo biennio con quello precedente è vero che la tendenza è in aumento, ma i dati ci dicono che il fenomeno è comunque a quasi tutte le regioni italiane e che in ogni caso il Trentino Alto Adige, insieme alla Basilicata, resta la regione meno pericolosa per i furti in casa.

Nelle ultime settimane abbiamo assistito però anche a una serie di rapine e aggressioni. Come si possono spiegare queste ondate?

In criminologia li definiamo cluster. Può succedere, in un anno, che ci siano delle concentrazioni di determinati reati in uno specifico arco temporale e in specifici luoghi, legati a fattori economici piuttosto che al degrado urbano. Ma quello che va osservato sono i trend. E sicuramente una delle variabili alla base dell’aumento di reati come i furti e i borseggi dal 2010 in poi può essere identificata nella crisi economica che acuisce il senso di bisogno. Questo è confermato anche dalla tipologia degli oggetti rubati, spesso oggetti di poco valore anche se questo non riduce l’impatto anche psicologico per le vittime. Se passiamo però da reati di tipo appropriativo a un reato violento come le lesioni, notiamo che dal 2011 al 2012 sono calate da 173 a 122.

Trento non è però abituata alle rapine a mano armata.

Il reato è sempre una questione di opportunità dove il criminale fa una valutazione costi-benefici. In questo caso la concentrazione può essere legata a fattori di attrattività del luogo, ma l’incidenza resta comunque molto bassa.

La vostra indagine sulla sicurezza cosa si propone?

Su un campione di 4 mila cittadini di Trento abbiamo raccolto 1525 questionari. Vogliamo indagare la sicurezza oggettiva e soggettiva. Abbiamo chiesto di indicare i reati subiti, ma anche i quartieri percepiti come più insicuri. I risultati serviranno agli amministratori e alle forze di polizia per definire le zone a rischio e interventi mirati. Ma anche a raccogliere proposte direttamente dai cittadini.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano