“R.A.P.”, la Repubblica antifascista che a Piedicastello sfidò il regime
Storie di liberazione. La panchina nella piazza del borgo porta ancora incise le iniziali, narrando una vicenda che si muove tra realtà e leggenda. Di certo c’è che in quel pezzo di città l’anima è sepre stata operaia e socialista
Trento. La piazza di Piedicastello è rimasta intatta negli anni e oggi senza macchine parcheggiate è ancor di più uno spaccato d’altri tempi. A chi si ferma per guardarsi intorno non può sfuggire una panchina in legno di vecchia forgia che si trova sotto una datata cassetta delle lettere, sulla quale è riportata la scritta R.A.P. Una sigla che ci porta in un mondo sospeso tra verità e leggenda popolare e quelle antiche mura della piazza iniziano a raccontare le gesta degli antifascisti del rione: il panettiere Fortunato Pedrolli, il barbiere Omero Righetto, poi la staffetta partigiana Fioruna Pisoni e la Rap ? Probabilmente la storia reale di questa sigla è quella di Repubblica Audace Piedicastello che come scrive Renzo Francescotti nel suo libro “ Gente di Quartiere” era la società sportiva rionale che organizzava nella piazza le partite di “ ballonzina”. Un modo per nascondere il significato voluto dal popolo di Repubblica Antifascista di Piedicastello, riproposto in epoca più recente, ai tempi cioè di quando il cantiere della circonvallazione iniziò a devastare il paese.
Sandro Schmid descrive così la RAP: «I due poli della resistenza antifascista a Trento erano il quartiere più piccolo della città, la Busa e Piedicastello che ancor oggi è un bacino di voti per la sinistra. Da sempre è stato un quartiere di tradizione operaia artigianale e socialista battistiana. Artigiani, fabbri, falegnami : operai specializzati che erano fieri della loro condizione di lavoro manuale e di spirito libero, nettamente distinto da quello borghese. Piedicastello è cresciuto attorno alla vecchia fabbrica di laterizi e poi di cemento di Domenico Frizzera, quindi convertita nella produzione di cemento con molta attenzione ai servizi sociali come le case costruite per gli operai. La sezione comunista è presente sin dal 1921 e il rione diventerà una roccaforte antifascista.» Sandro Schmid ricorda i protagonisti di quegli anni non senza un cenno di polemica: «I personaggi più significativi sono stati il barbiere Omero Righetto e il panettiere Fortunato “ Nato” Pedrolli che è stato colpevolmente dimenticato e che avrebbe meritato un più alto riconoscimento. E’ lui a custodire dopo la retata fascista, i documenti e l’elenco degli iscritti e tramite Fioruna Pisoni a tenere i contatti con l’ultima sezione attiva del Pci a Pergine.»
La Rap nasce nel 1938 con le prime scritte sui muri del rione che richiamarono l’attenzione del Regime perché era l’espressione di un quartiere d’opposizione nel quale il Fascismo non è mai riuscito ad inserirsi in maniera efficace. Tra le storie che si narrano c’è quella di un cavallo scappato da una requisizione di bestiame fatta dai tedeschi che catturato, il macellaio Nadalini lo trasformò in carne distribuita ai più poveri del quartiere. Il capo storico della Rap fu Berto Gardumi detto “ Oca”, tra i fondatori anche Guglielmo Smidt, Mario Mattivi, Pio Grisenti, Giorgio Gardumi, Berto di professione ferraiolo detto “ Re del ferro”. Il momento di maggior gloria la Rap lo ebbe nell’autunno del 1943 quando Piedicastello rimase isolato dalla città per il crollo conseguente ad un bombardamento del ponte sull’Adige per un senso di temporanea libertà che arrivò ben prima della Liberazione.
«Piedicastello ha sempre fatto storia a se – sottolinea Enrico Paissan – e si narra che perfino il Principe Vescovo Madruzzo per raggiungere la sua residenza preferisse passare da Garniga, piuttosto che da Piedicastello. Un altra storia dimenticata è quella della “ Cà Rossa” una baracca militare che si trovava fuori dal rione, nella zona dove oggi c’è la Motorizzazione Civile che nel dopo guerra è stata la sede del Pci con bar e circolo ricreativo, mentre anni prima aveva ospitato l'ultima riunione degli antifascisti di Piedicastello. Antifascisti che ogni volta che c’era qualche manifestazione del Regime, per evitare contestazioni, venivano arrestati e portati in Torre Vanga.» Retata che Sandro Schmid così descrive nel suo libro “Renato Sinigaglia- Un antifascista marchigiano trentino”. La riunione era stata organizzata con molta attenzione per quel 17 settembre con un emissario del Pci e sarebbe stata l’occasione per rimettere in moto la rete organizzativa e di propaganda. «Il compagno di guardia alla finestra nota il parroco di Piedicastello che si avvicina insieme ad altra gente e la sua presenza non destò allarme. Dopo suona il campanello. Si pensa che sia il corriere. Si chiede il nome. La risposta è quella del nome di un vecchio compagno socialista avvocato di Bolzano. Si capisce subito che si tratta di un tranello, ma è troppo tardi e da li non si può scappare. In un blitz la squadra mobile spalanca la porta e i compagni sono catturati.» D.P.