Quando il «Pinguino» ritornò a Sociologia vestito da pacificatore

di Lillo Gullo Se si chiede oggi ad un ventenne cosa sia il 68, probabilmente risponderà che è un numero pari. Nel 1988 non sarebbe stato così, soprattutto a Trento, città che al 68 associava il...


di Lillo Gullo


di Lillo Gullo

Se si chiede oggi ad un ventenne cosa sia il 68, probabilmente risponderà che è un numero pari.

Nel 1988 non sarebbe stato così, soprattutto a Trento, città che al 68 associava il terremoto della contestazione studentesca con epicentro Sociologia, la prima facoltà universitaria della Provincia.

Allora, leader carismatico del Movimento Studentesco era Mauro Rostagno: aveva 26 anni e la convinzione che in Italia i tempi fossero maturi per la rivoluzione comunista.

Non per niente l’anno dopo avrebbe fondato Lotta Continua con Adriano Sofri e Marco Boato, altro cervello di Sociologia. Sempre a Trento, c’erano alcuni studenti che avevano ancora più fretta di fare la rivoluzione, come, ad esempio, due intimi amici di Rostagno: Renato Curcio e Margherita Cagol, futuri fondatori delle Brigate Rosse a Milano, dov’erano approdati dopo il matrimonio lampo celebrato il primo agosto del 69 al Santuario di San Romedio.

Prima abbiamo buttato giù una data: 1988.

Ecco il motivo: nel 1988 Trento ha ospitato la rimpatriata dei sessantottini, i ribelli in eskimo e barba lunga che vent’anni prima avevano portato un seme, per quanto scorbutico, di fantasia e modernizzazione.

Se oggi la nostra città è al top per saperi e qualità della vita, forse, qualche merito va anche riconosciuto al fruttuoso scontro con quella cara, rissosa, irascibile Sociologia.

Dunque, a Trento vent’anni dopo. Logo della kermesse: i pinguini. Location: il palazzo di Sociologia con un tocco vintage: la facciata pavesata con gli striscioni rossi delle occupazioni.

Uno dei “pinguini” più attesi era Mauro Rostagno.

A Trento tornava un uomo di 46 anni, dall’allegria ancora contagiosa ma profondamente segnato dalle sue tante vite vissute nel frattempo. Era stato a Milano animatore della controcultura con il centro sociale Macondo, era stato “arancione” con il nome di Sanatano e ora viveva in Sicilia, con la compagna Chicca Roveri e la figlia Maddalena, assorbito dal’impegno nella comunità Saman che aveva fondato per il recupero di tossicodipendenti.

Tra i pinguini c’erano assenze di peso, come quella della trentina Mara Cagol, capocolonna BR uccisa nel 1975 in un conflitto a fuoco con i carabinieri: ora riposava nel cimitero di Trento in una tomba portatrice di un messaggio d’ispirazione evangelica: “Chi dona la sua vita la salva”. Tra gli assenti c’era anche Renato Curcio, vedovo di Mara e capo storico delle Brigate Rosse, il quale, pur senza dissociarsi, nel 1987 aveva dichiarato chiusa la lotta armata.

Detenuto a Rebibbia, Curcio aveva voluto comunque essere “presente”: con una lettera affidata a Rostagno da leggere ai compagni di un tempo. Ma la temperie politica era ormai profondamente cambiata e lo stesso Curcio ne era consapevole, come lasciava intendere l’incipit della sua missiva: “Amici…”

A Trento, quel giorno, c’ero anch’io.

Nella doppia veste di pinguino e cronista, avevo incrociato Mauro Rostagno all’ingresso di Sociologia. Quella che segue è l’intervista registrata quel giorno per la Rai.

A Trento vent’anni dopo. Rostagno, come mai?

-Era un invito a cu. i non si poteva dire di no. Vengo dalla lontana Sicilia e ci vengo volentieri. Mi sono portato una figlia, nata nel frattempo, di quattordici anni, che mi ha tenuto sveglio tutta la notte a chiedermi cos’era successo, cos’erano queste persone. Ieri siamo stati in un bar a bere insieme un bicchiere di vino e a cantare un poco. Lei era molto colpita, sorpresa da questi signori di quaranta, cinquanta anni ancora allegri con la voglia di vivere. Colpita bene, insomma.

Come hai trovato Trento?

Molto uguale! Però ho sentito solo l’aria, ho guardato le case. Mi sembra molto uguale a se stessa, ancora, sì.

Il significato di queste celebrazioni?

Fortemente ironico, credo, insieme anche alla voglia di rivederci, soprattutto, al di là di quello che poi ne esce come parole, come riflessioni, credo che sia una grande voglia di rivedersi. E’ un innamoramento collettivo, un movimento… è come rivedere una ragazza che non si è vista, dopo vent’anni… una ragazza a cui si è voluto molto bene.

Vent’anni fa leader carismatico. Oggi cos’è Rostagno?

Oggi io faccio, come si dice, un’opera di pacificazione sociale, fra virgolette, cioè sono completamente assorbito da un’impresa che stiamo facendo in Sicilia, una comunità, che sfiora le cento persone circa, di recupero tossicodipendenti, dove vivo con la mia donna, con mia figlia e con altri amici. Recuperiamo questi ragazzi che si sono infilati dentro la droga e ne vogliono uscire.

E dove, se esce dal carcere, verrà a vivere anche Renato Curcio…

Sì, se questo sarà possibile… sì.

Quando vi siete conosciuti con Curcio?

Con Renato ci siamo conosciuti nel 65 quando sono venuto qua a studiare, e a vivere qua. Ed è stato subito anche lì un innamoramento. Insomma, ci siamo piaciuti, abbiamo visto che ci piaceva a tutti e due studiare, passare molto tempo sui libri… passavamo giornate intere a discutere, a rimuginare: Albert Camus, le riflessioni filosofiche, tutte queste cose…

Vent’anni fa, quando eri il leader carismatico del Movimento Studentesco Antiautoritario Trentino, in cosa si differenziava il suo apporto da quello degli altri?

Era difficile distinguere quello che diceva uno da quello che diceva l’altro perché il Movimento era una mente collettiva, erano tanti frammenti di tante piccole idee o intuizioni che noi semplicemente mescolavamo e rimescolavamo dentro la nostra testa e un poco dentro il nostro cuore.

Fine dell’intervista.

Era il 27 febbraio del 1988 e Mauro Rostagno non sarebbe più tornato a Trento.

E non avrebbe più rilasciato altre interviste.

Gli mancavano ancora pochi mesi di vita. Il 26 settembre, sarebbe stato ucciso a Lenzi di Valderice, in Sicilia. Mauro Rostagno fu vittima di un agguato mafioso, dicono le carte del processo, ma ci sono ancora alcuni punti oscuri sui queli durante questi lunghi anni non si è più riusciti a fare alcuna luce.













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