Pensione ai contadini, ci pensa la Regione

L'ente pubblico paga la metà dei contributi ad oltre 7 mila agricoltori di Trentino e Alto Adige (quasi 9 milioni l'anno)


di Maurizio Dallago


TRENTO. Passi per l’Irpef ridotta o per le agevolazioni Imu, pur se diminuite rispetto al passato. Contenti inoltre che le scelte politiche dei decenni scorsi abbiano evitato in Alto Adige, ed in parte anche in Trentino, lo spopolamento della montagna. Certamente fa specie che ai contadini delle due province venga pagato dalla Regione il 50 per cento dei contributi previdenziali Inps. In particolare, nel 2012, a 5.119 agricoltori altoatesini (per una spesa di 6,2 milioni di euro) ed a 1.956 trentini (spesa di 2,6 milioni di euro). Un aiuto, non di poco conto, in vigore con una legge regionale del 1992, a cui per il Trentino si aggiungono dei criteri legati ad una delibera della giunta provinciale sulle aziende agricole operanti in condizioni particolarmente sfavorite.

Un privilegio? Ne è convinto il consigliere regionale Thomas Egger (Wir Südtiroler), che prende spunto dalla risposta dell’assessora Martha Stocker ad una sua interrogazione. «Facciamo la distinzione tra contadino di montagna (quello vero) e di fondovalle, due mondi differenti, ma che in Alto Adige - considerato tutto territorio montuoso dalla legge nazionale - vengono ad avere le stesse riduzioni Irpef», sottolinea Egger. Insomma una norma nazionale , ancorché utile a tutti i contadini della regione difficile da cambiare. Diversa la questione delle pensioni. La legge della Regione va ad aiutare una certa categoria di agricoltori. «I presupposti sono l’iscrizione negli elenchi del Servizio contributi agricoli unificati (ex-Scau) e lo svolgimento dell’attività presso azienda agricola che si trovi in condizioni particolarmente sfavorite», afferma l’assessora Stocker. Ma quali sono le condizioni svantaggiate? Si fa una classifica a punti, ma non si pensi che quanti ottengono il 50 per cento dei contributi Inps siano solo quelli del maso a 1800 metri di quota, per intenderci. L’importante è non avere - da norma - non più di 40 unità di bestiame adulto, una superficie di frutteto o di vigneto non superiore ai 3 ettari ed un reddito lordo extra-agricolo non superiore ai 22 mila euro l’anno. Insomma gli oltre 5 mila agricoltori altoatesini ed i quasi 2 mila trentini, certo non saranno ricchissimi, ma nemmeno dei poveri diavoli. Forse addirittura più benestanti di un operaio da 1000 euro al mese che vive in città e che si paga pure l’affitto della casa dove vive. «Ecco la necessità di eliminare questo privilegio rispetto ad altre categorie di lavoratori e di fare una nuova legge che valga da aiuto pensionistico per tutti gli svantaggiati, semmai, non solo per gli agricoltori», sottolinea Egger.

Gli agricoltori trentini che hanno percepito gli aiuti per la pensione sono quasi 2 mila. Per loro la Regione ha speso, come si può osservare nella tabella, oltre due milioni e 600 mila euro. Si tratta di un intervento mirato a evitare lo spopolamento della montagna e a aiutare un settore in difficoltà danni. Lo scopo è quello di dare vitalità a un settore che serve da traino anche ad altri settori economici come il turismo. Il ragionamento di fondo è che il turista sia attratto da un ambiente coltivato e comunque con una presidio. Molto importante è anche l’agriturismo. Da anni anche in provincia di Trento è stata scelta proprio la strada di un legame molto stretto tra agricoltura e turismo.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano