Nel grembo materno (delle galleriste unite)
Apre alla Galleria Boccanera di Trento una grande collettiva «femminile»
TRENTO. L’obiettivo è ambizioso: riprendere i temi dell’ultima Biennale di Venezia («Il latte dei sogni»), l’edizione più «femminile» di sempre, e andare oltre con la grande mostra collettiva «Nel grembo materno», che ieri si è inaugurata alla Galleria Boccanera di Trento.
Giorgia Lucchi, la gallerista e curatrice, lo spiega raccontandone la genesi: «Dopo la Biennale, curata per la prima volta da una donna (Cecilia Alemani) e con molte artiste, mi era venuto in mente di proporre una collettiva di galleriste. In mezzo, abbiamo fatto tre fiere una dopo l’altra, ma quando abbiamo lanciato l’idea, la risposta è stata entusiastica: le donne bucano le montagne, ci hanno risposto in 12 su 18 gallerie, da Londra a Milano a Venezia, per portare un’opera ciascuna qui a Trento, una piccola città delle Alpi. E sono onorato di questa stima».
Le galleriste, dice Lucchi, «hanno sposato il concetto: scardinare l’idea della competizione, avviare la collaborazione: l’unione fa la forza, non siamo in competizione. Ma vogliamo tutte dimostrare che innanzitutto una galleria fa alla cultura; anche se sono una commerciante, credo di offrire qualcosa alla riflessione culturale».
Il manifesto riporta una fotografia in bianco e nero, una donna incinta, il ventre ben in vista: «è l’immagine di mia mamma» ci svela la gallerista trentina.
Quali le specifiche? «Ogni gallerista era libera di presentare un artista, uomo o donna, non importa... Ho detto a tutte: mandatemi un artista e un’opera, ditemi che siete visionarie come me. Non è un’idea femminista, ma un gesto per sfatare l’idea delle donne sempre invidiose e in competizione fra di loro. Ed anche un modo per dire che noi donne siamo tante, nel mondo dell’arte... ho citato la Cortese: siamo donne e siamo curatrici».
Raffaella Cortese, della omonima galleria di Milano, nel motivare la scelta dell’artista ha scritto infatti: «L’arte di Michael Fliri abita lo spazio liminale tra la performance, la scultura, la fotografia e il video. La sua è una pratica mutevole, in continua metamorfosi, i cui soggetti vengono sottoposti a una costante trasformazione. Così l’artista pone le domande più definenti del contemporaneo: cos’è la nostra identità? chi la determina? siamo davvero chi crediamo di essere?»
Giorgia Lucchi confessa che questo «grembo materno» è anche un po’ una metafora: «Sì, un po’ gli artisti ci prendono un po come madri, cosa che non fanno con un gallerista maschio. Io non sono mamma dei miei artisti, ma li curo, li seguo. Anche se in realtà non è tanto un discorso di maschio o femmina: speriamo che in futuro si possa scardinare il patriarcato, ed allora saranno i gender - tutti - che parleranno».
La mostra è veramente potente. «Credo che il progetto espositivo attivi un prezioso dialogo tra il contesto locale e la produzione artistica contemporanea più innovativa, superando i confini metropolitani, in cui l’arte convenzionalmente si muove e promuovendo nuovi stimolanti confronti. Boccanera Gallery presenta le opere di Linda Carrara, Veronica de Giovanelli e Debora Hirsch, tre artiste donne “visionarie”, scelte da me per il loro peculiare modo di approcciare e riprodurre la realtà che le circonda».
Qualcuno ha inviato un Fontana, in vendita. Voi puntate su artiste giovani... «Saper attendere che il riconoscimento della critica e del mercato arrivi, magari dopo anni. Questa è la mia filosofia. Anche se un po’ sono invidiosa quando vedo che un Avram fa il pieno a Londra e qui non riesco a venderlo...» dice Giorgia Lucchi Boccanera. Che per la sua galleria propone Linda Carrara, la trentina Veronica de Giovanelli, la brasiliana Debora Hirsch.