il personaggio

Mollo tutto e vivo a Fierozzo: Barbara, la nonna e la lana

Da Trento alla montagna: così è nato il Klopfhof, oggi anche laboratorio di lavorazione del vello di pecora


Daniele Peretti


FRASSILONGO. Quando da piccola Barbara Pisetta andava a trovare la nonna a Fierozzo le piaceva nascondersi all’interno di un mobiletto ad angolo tra i gomitoli di lana: un morbido e colorato rifugio dove sognare. Non solo, ma le piaceva anche portare al pascolo vacche e capre e vivere a pieno tutte quelle attività che si svolgevano nella baita dei nonni. Barbara Pisetta è comunque nata a Trento e dopo il diploma al Liceo Rosmini si è laureata in Scienze dell’Educazione a Verona.

La vita della scuola proprio non le piaceva?

Che dire, qualche supplenza l’ho anche fatta, ma poi la mia vita ha preso un'accelerazione improvvisa: ho conosciuto l’uomo che è poi diventato mio marito e a 20 anni sono diventata mamma, quando mi sono laureata ero incinta del terzo bambino e i professori mi pregavano di fare il più in fretta possibile a discutere la tesi. Forse avevano paura che lo facessi portando tutti i miei figli.

Come ha fatto a convincere suo marito, abituato a vivere in città, a trasferirsi a Fierozzo?

Penso che sia stato merito della magia del luogo. Quando siamo saliti fin quassù per la prima volta ho aspettato che mi dicesse che gli piaceva per ribattere immediatamente che era il posto dove avrei voluto abitare con lui.

La reazione?

Mi ha chiesto se potevamo fare a metà strada, fermarci prima e non finire proprio sulla cima.

Invece?

La baita della nonna c’era e l’abbiamo sistemata. Poi abbiamo pensato cosa avremmo potuto fare perché in effetti è impensabile scendere tutti i giorni da Fierozzo per andare a lavorare e così abbiamo deciso di aprire un agritur.

Per la nascita di “Klopfhof” mancava ancora qualcosa.

A quel punto è intervenuto il destino. Ero in aula per le lezioni del corso di operatrice agrituristica quando ha ricevuto un messaggio. L’azienda dove mio marito lavorava offriva degli incentivi per il licenziamento. Mi ha semplicemente detto: “li prendo” e da li è partito tutto.

I primi animali sono stati i lama.

Per una questione pratica. Il prato vicino alla baita erano anni che non veniva sfalciato: ce li hanno consigliati perché mangiano di tutto. Non solo l’erba, ma anche arbusti e rametti. Poi abbiamo preso i classici animali ed abbiamo ricreato la fattoria di una volta.

Il secondo passaggio?

È stato quello dell’acquisto della stalla della nonna e l’apertura con ristorazione, camere e tanti animali da far vedere non solo ai bambini.

Adesso non ci sono più i lama e nemmeno la ristorazione aperta.

Abbiamo ridotto l’attività anche perché abbiamo cambiato alcune cose. Facciamo cena e colazione solo per i nostri ospiti.

Tra le novità la passione per la lana.

È iniziata due anni fa. Ho imparato a lavorare il feltro, la filatura a mano ed anche la tintura naturale. Mi ha aiutato e mi aiuta ancora mia mamma, Adelina Moltrer, che mi ha trasmesso le basi dell’arte della filatura della lana.

La tosatura la fa lei?

Imparata anche quella. Pensi che la lana delle pecore da carne normalmente viene buttata ed è perfino un rifiuto speciale. Io invece la raccolgo e la lavoro e poi creo manufatti realizzati a mano oppure con le macchine da maglieria degli anni settanta che sono riuscita a trovare e recuperare: troppo bello quel classico rumore del telaio che andava avanti e indietro che mi ricorda la mia infanzia e le visite alla nonna.

Ha creato anche una linea con tanto di marchio.

Si chiama “Il filo nel bosco” e propone guanti, le canottiere di lana di una volta, quelle che pizzicavano ma lo facevano perché erano naturali, poi calzini e maglioni. A richiesta organizzo anche dei corsi.

La soddisfazione maggiore di questo sogno realizzato?

Proprio la realizzazione del sogno stesso. Da bambina avevo pensato a tutto questo anche se mia cugina che viveva qua mi diceva che ero matta a lasciare la città e che lei avrebbe fatto cambio. Tutti mi dicevano che era una cosa impossibile ed invece non solo ci sono riuscita, ma ho portato anche mio marito ed ora stiamo crescendo qui i nostri quattro figli.

Ma non può finire qui.

Infatti. Un’idea è quella di realizzare un laboratorio con tutte macchine manuali e di aumentare i lavori fatti esclusivamente a mano. Poi si vorrebbe affiancare alle pecore non più in forma sperimentale come facciamo adesso, anche le capre mohair ed i conigli d’Angora.

Cioè lavorate anche la lana dei conigli?

Molto difficile da lavorare e da tingere, ma si può fare e si ottengono dei risultati molto belli.

Una particolarità?

Potrebbe essere quella che si può venire in agritur e scegliere una pecora o meglio il suo mantello che sarà quello dal quale si ricaverà il maglione o altre cose.

In tutto questo la nonna ha avuto un ruolo fondamentale, un suo ricordo?

Quando le chiedevo di farmi il maglione per il sabato sera. Non ci pensavo e magari era giovedì o venerdì sera, la nonna si metteva d’impegno, probabilmente non andava nemmeno a dormire, ma al pomeriggio del sabato il maglione era pronto per essere indossato. Bastava quello per essere felici in due: la nonna perché me lo aveva fatto esaudendo un mio desiderio ed io perché potevo indossare con orgoglio il maglione della nonna.

La fattoria di Barbara Pisetta è composta da una decina di pecore da latte, due capre, un asino ed una ventina di galline e conigli. Lama temporaneamente non pervenuti.

 













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