Medicina, il rettore Collini vara il progetto trentino 

Università. Entro Natale sarà presentata un’ipotesi di Facoltà interamente “locale”, che utilizzerà le risorse del Cibio Il rischio “colonizzazione” di Padova visto con timore dall’ateneo, ma anche dai medici locali che minacciano azioni forti


Chiara Bert


Trento. Chiamiamola “la via trentina” alla Facoltà di Medicina. Di fatto, è un progetto alternativo a quello annunciato dalla giunta Fugatti, “al traino” di Padova, ed è tutto made in Trento. Ovvero, tutto dell’Università di Trento. Il rettore Paolo Collini e uno staff di collaboratori, docenti, responsabili di vari centri dell’Ateneo lo stanno mettendo a punto con grande riservatezza in questi giorni. Sarà presentato ai trentini in tempi molto rapidi: di sicuro entro Natale, forse addirittura a giorni. D’altronde ormai è tutto già bell’e che scritto. Mancano solo alcuni punti: ad esempio l’eventuale sinergia con Bolzano e con Innsbruck, con cui peraltro si sta lavorando da tempo sull’ipotesi nuova facoltà. Oggi stesso Collini sarà nel capoluogo altoatesino proprio per questo.

In estrema sintesi, il progetto è molto semplice. Dare vita a Trento a un nuovo corso di laurea in Medicina, che mantenga qui la piena regia di tutto, mettendo a sistema ciò che già esiste: il Cibio con le sue eccellenze nella ricerca sulla biomedicina, l’ospedale Santa Chiara di Trento che così diventerebbe clinica universitaria (e dove già lavorano, si fa notare, ottimi ricercatori clinici), e l’intero comparto della sanità trentina. Non è ancora certo se il progetto preveda di far partire a Trento da subito anche il triennio propedeutico iniziale (ipotesi che pare più fondata) o se cominciare per intanto con il triennio “magistrale”. Di certo si prevedono da subito anche corsi di scuola specialistica post-laurea.

Un “pacchetto” di idee molto concrete che rischia di deflagrare come una bomba: se la Provincia non recedesse dal proprio intento (aprire subito a Trento i corsi del quarto e quinto anno, fino alla laurea, sotto l’egida della blasonata Università di Padova), si rischia uno scenario inedito, da scontro istituzionale. Col risultato che sui tavoli del Miur - spetta al Ministero dell’Università approvare i nuovi corsi di laurea – approderebbero due progetti fra loro alternativi. Quale sarebbe preferito dal Ministero? Potrebbe anche approvarli entrambi, con tutte le conseguenze che questo comporterebbe.

Un punto di forza del progetto dell’Università di Trento consiste nella sua economicità: il corpo docenti che serve a coprire almeno i corsi dei primi due anni (nell’ipotesi di far decollare da subito il triennio iniziale) ci sono già, e sono i medici e i ricercatori del Cibio. Con un risparmio netto di almeno il 20%. Mica bruscolini, tenendo conto che l’impatto del personale in una facoltà di Medicina è poderoso: al netto di strutture, laboratori e macchinari necessari per una facoltà di medicina, un professore ordinario costa infatti alla Provincia circa 1 milione di euro (700 mila euro un associato, 500 mila un ricercatore).

Nel frattempo partirebbe una “campagna acquisti” di altri docenti dal distretto dell’Euregio e da un versante internazionale, con bandi di concorso ad hoc.

Le due istituzioni però non sono autonome fra loro: a tutt’oggi la Provincia di Trento è il grande finanziatore dell’ateneo. Che succederà nel caso di progetti “concorrenti”? Chi finanzierà la nuova facoltà?

Non è un mistero che da via Calepina abbiano accolto malamente l’idea lanciata dal governatore. Non piace affatto il rischio di essere “colonizzati” da un colosso come Padova. Timori che trovano nella sanità trentina un grande alleato del rettore. I medici temono molto la calata dei colleghi padovani. Potrebbero essere inviati qui nuovi primari dal Veneto, con tanti saluti alle aspettative di carriera dei trentini. E c’è già chi ipotizza azioni clamorose: una fonte interna all’azienda sanitaria trentina parla espressamente della possibilità perfino di uno sciopero dei medici trentini.













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