Lezioni all’aperto contro il virus: c’è chi già lo fa 

La scuola nel bosco. Canalescuola da anni propone in 5 comuni un percorso per la materna solo all’esterno: «Ma per funzionare non basta spostare i bambini da un’aula all’aria aperta»


Daniele Erler


TRENTO. Quando in Danimarca, nei giorni scorsi, hanno riaperto le scuole, lo hanno fatto con una formula ben chiara: gli studenti – dall’infanzia alle superiori – stanno all’aperto, mantenendo le distanze fra di loro. In realtà, nel nord Europa un tipo di scuola di questo tipo, al di fuori delle mura delle aule, non è una novità assoluta. Ma anche in Trentino dal 2017 c’è chi sperimenta un approccio educativo fatto completamente all’aria aperta.

Ci sono una sessantina di bambini che non vanno alla scuola materna tradizionale, ma imparano a crescere nel bosco. Con qualsiasi clima: con il sole o la neve. Esperienze di questo tipo ci sono a Riva del Garda, val di Ledro, Brentonico e Vallelaghi, presto anche in val Rendena. La regia è di una cooperativa, “Canalescuola”, con una pedagogista che si chiama Serena Olivieri. La “fase due” – quella della convivenza con il virus – costringerà anche le scuole tradizionali a ripensare le proprie abitudini.

Olivieri, la “scuola nel bosco” può diventare un esempio?

Solo se si riuscirà ad avere una visione di futuro che vada al di là dell’emergenza sanitaria – spiega Olivieri –. Perché non basta prendere i bambini, spostarli da un’aula e metterli all’aria aperta.

Cosa intende?

Noi portiamo avanti un approccio integrale della pedagogia del bosco. Seguiamo l’approccio scandinavo delle cosiddette “forest school”. Significa che non esistono spazi chiusi, tutto viene fatto all’aria aperta. Con qualsiasi clima. Quello che cambia è anche lo sguardo pedagogico che utilizziamo. Se non si capisce questo, nella “fase due” avremo tanti bambini all’aperto, ma anche tanti professionisti che faranno fatica a trovare il loro spazio e a riposizionarsi.

È una questione solo pedagogica?

In realtà anche molto pratica. Noi accompagniamo i bambini alla crescita, stando un passo indietro rispetto a loro. E questo si traduce anche nella particolare attenzione all’ambiente in cui ci troviamo. Riguarda anche la sicurezza e il rispetto per il bosco. Inoltre, ci sono poche attività strutturate. Si segue il processo naturale di crescita del bambino, con i suoi ritmi, e senza direttive dell’adulto. Anche se ovviamente alcune attività di avvicinamento alla matematica, alla scrittura e alla lettura si possono fare anche nel bosco.

Vi aspettate che l’emergenza sanitaria possa portare un maggiore interesse verso il vostro modo di educare?

È quello che speriamo. Ma, come dicevo, l’importante è che non sia un interesse temporaneo, legato solo all’emergenza sanitaria. Sarebbe importante che ci possa essere un confronto tutto nuovo, anche per vedere le migliorie che l’educazione all’aria aperta può portare nel percorso di sviluppo di un bambino. Ben venga se il Covid porterà anche a un intreccio di sguardi e competenze. E se la scuola tradizionale guarderà a quella nel bosco come possibilità.

E voi siete disponibili a questo confronto?

Certo. Anche noi quando siamo partiti ci siamo riferiti a chi lo faceva già da tempo. E siamo andati a guardare le esperienze ai paesi nordici. Le idee girano e sono il lievito della crescita dei bambini. Già tante insegnanti delle scuole tradizionali si iscrivono ai nostri corsi di formazione: c’è un forte desiderio di scoprire le pratiche educative all’aperto. Molto spesso ci sono invece resistenze dai coordinatori e dai responsabili delle scuole, perché dicono che il loro è l’unico approccio educativo possibile.

Voi quando riaprirete?

Penso che per noi sarà molto meno difficile riaprire rispetto alla scuola tradizionale. Però abbiamo deciso di aspettare. Decideremo zona per zona, in base a come evolverà la situazione sanitaria.















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