madonna di campiglio

La Sosat premia i fratelli Franchini

Thomas e Silvestro, guide alpine, riceveranno oggi il “Chiodo d’Oro”



MADONNA DI CAMPIGLIO. I fratelli Franchini, giovani alpinisti e guide alpine di Madonna di Campiglio, che l’anno scorso hanno dato vita alla sezione Sat di Madonna di Campiglio, saranno premiati con il Chiodo d’Oro Sosat 2016. La cerimonia di assegnazione si terrà a Trento questo pomeriggio alle 17.30, nella sede della sezione operaia della Sat in via Malpaga. Il riconoscimento che prende il nome di “Cordate nel Futuro” avviene ogni anno all’interno delle iniziative legate al Film Festival della Montagna e premia un alpinista esperto ed un giovane, oltre a Thomas e Silvestro Franchini (1989 e 1897) per la sezione giovanile, riceverà il chiodo d’oro quindi anche il fassano Gino Battisti. Per quanto riguarda i fratelli Franchini le motivazioni indicate nel premio parlano di “alpinismo fatto di tanta passione e di consapevolezza di avere un ruolo, ricercato non solo nell’apparire, ma anche nell’essere. L’umiltà con la quale vivono l’alpinismo – si legge nel documento della SOSAT - è un raro esempio non facile da trovare nei giovani che vogliono tutto e subito”. Ma al dilà dei riconoscimenti Thomas e Silvestro sono effettivamente due promesse a tutto tondo dell’alpinismo, nota in proposito la nuova via alpinistica intitolata “Divina Provvidenza”, aperta sul Nevada Churup in Perù lo scorso anno. Silvestro Franchini invitato a commentare il premio SOSAT, esordisce con la sua proverbiale semplicità “Non abbiamo fatto niente di speciale, ma sicuramente – dichiara quasi intimidito dalla nostra curiosità – ci sentiamo in perfetta sintonia lo spirito satino di solidarietà ed amicizia”. Altro non dice, Silvestro è uno di quelli che ama fare piuttosto che dire. E in realtà le cose da fare non mancano. Il 15 maggio si parte per un’altra avventura, dove Thomas e Silvestro insieme a Luca Cornella e Nicola Binelli tenteranno la scalata al Kishtwar, un bel massiccio di 6.000 metri situato nella regione del Cachemire (India). Una spedizione di 45 giorni in una stagione non perfettamente consona, solitamente si parte in autunno, per le regioni indiane quando c’è meno neve. La primavera però per i due alpinisti campigliani era l’unica stagione nella quale poter programmare un viaggio così lungo e inutile a dirsi dopo un inverno passato lavorando, la voglia di sgranchirsi le gambe a quelle latitudini e con quella gioventù nei polpacci, era a dir poco incontenibile. (e.b.b.)













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