Trento

L'Adige non può più dissetare il Veneto

L'aumento della portata del fiume potrà durare solo pochi giorni: i bacini di S. Giustina e Stramentizzo sono quasi vuoti


di Francesca Quattromani


TRENTO. Il Trentino Alto Adige potrà dare l’acqua del fiume Adige al Veneto ancora per pochi giorni. Non per un mese, come richiesto dalla regione dove permane lo stato di crisi idrica. Durante le operazioni di aumento della portata, qualcosa non ha funzionato. L’acqua che doveva rifornire gli acquedotti di Rovigo si è fermata prima, nelle campagne, a scapito quindi dell’utilizzo preposto, quello potabile. Uno sforzo enorme per le due province che non è sostenibile: non solo per problemi tecnici e costi ( mancati guadagni) da parte dei gestori dell’energia, ma anche perché i bacini di prelievo utilizzati sono allo stremo.

Le dighe di Stramentizzo e Santa Giustina sono quasi vuote, dopo l’aumento della portata dell’ Adige. Per questo motivo il provvedimento potrà durare ancora due, tre giorni. A questo si aggiunge il fatto che le falde che nutrono i serbatoi di acqua potabile del Trentino sono ridotte al minimo. Dunque, si aggrava giorno dopo giorno il problema della siccità anche in provincia di Trento. Lo rilevano i vertici dell’ agenzia provinciale per le risorse idriche e l’energia. Ieri il tavolo tecnico tra Trentino, Alto Adige e Veneto, per fare il punto sulla gestione delle acque dell’ Adige a tre giorni dal prelievo forzato.

Nella notte di venerdì, l’acqua dei bacini trentini ed altoatesini ha nutrito il corso dell’ Adige in modo consistente; ben più dei metri cubi richiesti dal Veneto. Il problema è che il rilascio non è stato costante. Ha avuto dei picchi ma poi, mentre scendeva verso il Veneto, diminuiva. Negli acquedotti di Rovigo è arrivata una quantità d’acqua inferiore alle aspettative. Questo perché le campagne venete hanno sete e, in maniera involontaria, hanno potuto godere dell’acqua in più che proveniva dai bacini del nord.

«Mentre le terre da Borghetto in giù tornavano a respirare, gli acquedotti verso la foce dell’Adige rimanevano in sofferenza, con pesanti ricadute anche sulla barriera anti sale» spiega Roberto Lunardelli di Aprire. I calcoli andranno quindi rivisti e, di conseguenza, anche i metri cubi di acqua in più che potranno essere rilasciati nel Veneto. Questo accadrà domani, nella nuova riunione prevista all’ autorità di bacino nazionale. A quel punto il Veneto dovrà regolarsi in altro modo: sacrificando l’acqua prelevata a monte dalle campagne, come successo in questi giorni, per sostenere i propri acquedotti.

Domani però si dovrebbe capire anche quando il Trentino e l’Alto Adige smetteranno di dare acqua al Veneto e quali saranno le conseguenze economiche dello sforzo sostenuto fino ad oggi. Il rilascio di acqua il sabato e domenica, da parte dei gestori, ha un costo. Lo ha in termini di produzione idroelettrica. Con le operazioni iniziate nel fine settimana, le compagnie idroelettriche guadagnano meno: le centrali funzionano quasi a regime tenuto nel corso della settimana (quando l’energia vale di più), non al minimo, come accadeva prima del provvedimento. Se l’acqua serve agli acquedotti è un conto, se finisce nelle campagne, a sostegno dell’economia locale , è tutta un’altra storia.













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