SCUOLA

Ipotesi videolezioni a settembre, pioggia di critiche: «Da evitare» 

Il documento. Le linee guida non escludono la teledidattica in assenza di spazi, c’è chi lo vede come varco per evitare interventi strutturali. La dirigente Broch: «Faremo di tutto per dire no». Freschi (Consulta Genitori): «Che confusione»


DANIELE ERLER


TRENTO. «Faremo di tutto perché alla scuola primaria non si debba tornare più alla didattica a distanza». Lina Broch è dirigente scolastico all’Istituto comprensivo Trento 3. Rende bene l’idea di quale sia la sfida all’orizzonte per la scuola trentina, in vista della ripartenza a settembre.

Nei giorni scorsi, nelle prime linee guida promosse da Provincia e Dipartimento istruzione, la prospettiva di un ritorno della didattica a distanza non è ancora esclusa dal tutto. Si dice anzi che dove non si possa garantire la didattica in presenza per mancanza di spazi, allora «si dovrà elaborare una programmazione didattica alternativa». «Sulle scuole medie possiamo anche ragionare su questo punto: ci sono state delle ottime esperienze, in qualche materia. Anche se pure in questo caso ci sono degli effetti collaterali da considerare – spiega la dirigente –. Invece per le primarie è indispensabile che i bambini tornino a incontrarsi. Sono sicura che con il dipartimento riusciremo a trovare una soluzione».

Genitori arrabbiati

Intanto però Maurizio Freschi, presidente della consulta dei genitori, usa toni molto duri: «Siamo in un momento in cui mancano informazioni chiare in merito ai protocolli sanitari e alle modalità di svolgimento degli esami ormai imminenti, fra scuole medie, professionali e maturità – spiega Freschi –. Il dipartimento istruzione invece si preoccupa di dare indicazioni per la riapertura di settembre. Ma lo fa senza alcuna indicazione certa (e nemmeno probabile) in merito allo scenario epidemiologico previsto. Così si aumenta la confusione e lo sconcerto tra famiglie, studenti e docenti. Intanto lo stesso dipartimento decide di procedere con un’operazione prettamente contabile che porta alla riduzione delle classi esistenti, come se fosse la ragioneria della Provincia. Il nostro dubbio è che ci troveremo a metà luglio e ci verrà detto che non ci sono più i tempi per interventi strutturali». Con il rischio, temono i genitori, che si torni così alla didattica a distanza.

Distanziamento fisico

Se invece si parla di ripartenza, secondo la dirigente Broch, è fondamentale l’indicazione più precisa dei protocolli sanitari da seguire. «Per ora abbiamo avuto delle prime indicazioni, che quanto meno iniziano a darci degli appigli in fondo alla nebbia. Ma sono ancora generiche. Abbiamo bisogno di protocolli più precisi per capire cosa significa l’organizzazione del distanziamento fisico fra gli alunni. Anche perché questo passaggio non può basarsi solo su una formula matematica. Non basta calcolare il numero dei ragazzi e dei metri quadri: dobbiamo tenere conto delle relazioni che dobbiamo salvaguardare fra di loro, i bisogni particolari degli alunni con disabilità e la disponibilità del personale». A Trento in realtà queste considerazioni si stanno già facendo, per iniziativa dei dirigenti scolastici. Nei giorni scorsi ci sono stati diversi sopralluoghi con gli assessori Chiara Maule e Italo Gilmozzi, anche per capire quali interventi saranno necessari per garantire il distanziamento fisico. Si è scoperto che la situazione è migliore nelle scuole elementari e molto complicata nelle medie. «Alla primaria ci sono meno alunni in più edifici e quindi gli spazi sono maggiori. Alle medie la situazione è diversa. La quadratura del cerchio è ancora lontana».

La realtà delle valli

Ma se questa è la realtà nel capoluogo, anche nelle valli si fanno considerazioni molto simili. Massimiliano Sorci è un insegnante all’Istituto comprensivo di Predazzo, Tesero, Panchià e Ziano. «Siamo preoccupati che si preveda ancora una forma di didattica alternativa a quella in presenza, che secondo noi è l’unica via di seguire – spiega Sorci –. Non ci può essere un insegnamento mediato solo dalla tecnologia. Anche perché dovremmo iniziare a chiederci quali conseguenze sta avendo questa sovraesposizione al digitale. Sappiamo di bambini che per questo hanno modificato il loro comportamento». In genere, trovare spazi alternativi nelle valli è più facile che in città. «Noi ad esempio abbiamo la scuola della guardia di Finanza, oppure i plessi dismessi a Panchià o Soraga. Il problema semmai è avere l’organico necessario per seguire gli alunni distribuiti in questi spazi. Noi auspichiamo che ci sia un investimento, perché è indispensabile che a tutti i ragazzi sia garantita la didattica in presenza».

 













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