Gli undici anni di Base Tuono: dalla guerra fredda a museo della pace 

La Nato a passo Coe. Nel 1966 fu aperta la base missilistica, che, a dispetto delle credenze, non ospitò mai testate nucleari Oggi, grazie soprattutto a Maurizio Struffi, è diventata un viaggio nella memoria di un pezzo di storia sconosciuta a molte persone


Alberto Folgheraiter


Folgaria. Le cicatrici della “guerra fredda” sono celate da un avvallamento sul limitare della piana di passo Coe, fra Trentino e Veneto. Né bastano il laghetto artificiale, allestito per la neve programmata delle piste da sci, e la brezza di un’estate prolungata a far dimenticare i venti di guerra che, per mezzo secolo almeno, tennero l’Europa col fiato sospeso

La porta di Malga Zonta

La baita, che è il museo di malga Zonta, memoriale di quella mattanza (17 morti) consumata dai nazisti la notte del 12 agosto 1944, fa da porta d’ingresso all’ultimo testimone dell’incubo. Una base militare, oggi museo. Sulla rampa di lancio svettano tre missili rivolti verso il cielo d’oriente, oltre quella “cortina di ferro” della diffidenza fra i due blocchi (Stati Uniti e Unione Sovietica) i quali, nel 1945, piegarono la Germania dei nazisti e i loro alleati.

In una calda domenica di settembre, i cartelli all’ingresso rievocano quella “pace armata” che per molti anni fu di gelo. Prima di una distensione lunga e faticosa.

Il “museo della pace”

Il giornalista Maurizio Struffi (1948), folgaretano, è il direttore-ideatore di questo “museo della pace” puntellata dalla deterrenza nucleare.

«Chi viene qui, e sono oltre ventimila persone l’anno, chiede che cosa fu la “guerra fredda” e che a cosa servirono questi missili in postazione, oggi come allora, sulla rampa di lancio. Di “guerra fredda” si conosce poco. I periodi più duri di quella guerra-non guerra sono passati sulle nostre teste senza che nessuno di noi avesse la reale percezione del pericolo».

Il museo di passo Coe è il recupero della sezione “Alpha”, anello di una catena a protezione dell’Europa occidentale da possibili attacchi sovietici e che fu operativa dal 1966 al 1977. L’operazione “memoria” fu attuata nel 2011 quando Maurizio Struffi, lasciata da qualche anno la conduzione del telegiornale della Rai regionale, cominciò a dedicare il proprio tempo al recupero di un pezzo di storia che rischiava di scomparire negli archivi, fra i dossier “top secret” della segretezza militare.

Base Tuono

Nella seconda metà del XX secolo “Base Tuono” faceva parte del sistema integrato difensivo della Nato che aveva dislocato missili balistici in dodici località italiane, tutte nel Nord Est. Complessivamente furono allestite 106 basi in tutta Europa: dalla Norvegia alla Turchia. A dispetto della vulgata corrente, a Folgaria non ci furono mai testate nucleari. Tuttavia, i missili Nike-Hercules, dotati di armamento convenzionale, avrebbero potuto distruggere un’intera formazione di bombardieri dei Paesi dell’est.

«Le testate atomiche erano previste ma non furono collocate a passo Coe perché i vertici militari si resero conto quasi subito che, d’inverno, le nevicate abbondanti sulla zona avrebbero pregiudicato una rapida evacuazione della base. Abbandono previsto qualora se ne fosse ravvisata la necessità per l’avvicinamento, temuto e contrastato, delle armate del Patto di Varsavia. Poiché sarebbe stato folle che il materiale nucleare della Nato finisse in mani sovietiche, per esigenze di sicurezza non ritennero di installare ordigni nucleari nelle basi di montagna».

Lo smantellamento

Lo smantellamento di “Base tuono” fu avviato nell’agosto del 1977, dopo gli accordi di Helsinki per la riduzione degli arsenali e per il disarmo firmati tra le due Superpotenze, Stati Uniti e Unione Sovietica. Il muro di Berlino avrebbe separato plasticamente ancora per dodici anni la ex capitale del Terzo Reich, prima di crollare (1989) sotto la spinta del nuovo corso impresso a Mosca dalla “Perestroika” di Mikhail Gorbaciov.

Le basi missilistiche del sistema difensivo del Patto Atlantico, aperte nel 1964, sono state progressivamente smantellate. Le ultime nei primi mesi del 2007.

I cimeli regalati

Il comune di Folgaria com’è riuscito a ottenere dai militari i cimeli di quella gelida stagione, vissuta sul filo di una pace armata?

«Ritenendo che questa fosse una potenziale documentazione storica di rilevante importanza, poiché altrove era stato tutto distrutto, nel 2009 l’amministrazione comunale di Folgaria prese contatto con l’Aeronautica militare Italiana. Si proponeva l’allestimento della base a scopo di documentazione. Per farne il museo di quello che, per qualche decennio, fu considerato il più potente sistema missilistico difensivo allestito dagli Stati Uniti e dalla Nato».

Incontrato il favore dei vertici dell’Aeronautica, il progetto è decollato nel 2010.

«Sull’altipiano, il clima nei confronti dei militari che gestivano la base era molto buono. Per alcuni locali pubblici di Folgaria, tutti quei giovanotti rappresentavano posti di lavoro, non davano fastidio ad alcuno, si integravano perfettamente nella comunità. Soprattutto nessuno si preoccupava della presenza dei missili poiché a nessuna domanda era data risposta. C’era il “segreto militare” e la segretezza era totale».

Inoltre, «a Folgaria tutti sapevano della base militare. Tale presenza era vissuta come garanzia di sicurezza. Facendo un paragone: più ci sono carabinieri e meno operano i ladri».

I 50 militari della Nato

A passo Coe per oltre dieci anni operarono più di cinquanta uomini, per la maggior parte dell’aeronautica militare italiana ma anche di altri Paesi appartenenti alle strutture della Nato. È l’Alleanza militare a carattere difensivo siglata con il “Patto Atlantico” del 1949 fra gli Stati Uniti e Canada e dieci Paesi Europei. Nel corso di settant’anni vi hanno aderito altre 17 Nazioni.

Nell’area di lancio di passo Coe stazionavano una cinquantina di militari, altri trenta erano occupati nelle strutture di controllo sul monte Toraro; un centinaio ruotavano nell’area Comando che si trovava a Tonezza del Cimone, 17 chilometri da “Base Tuono”, in provincia di Vicenza. L’area di passo Coe era protetta da recinzioni, dalla vigilanza armata e dai carabinieri con i cani. Nessuno poteva avvicinarsi, tuttavia, “i missili si potevano vedere, sia pure da lontano, perché erano fatti uscire dall’hangar per addestramento un paio di volte la settimana”.

Le tre sezioni

Le tre sezioni in cui era strutturata la base (Alpha, Bravo e Charlie) avevano tre rampe di lancio ciascuna, con una dotazione complessiva da 9 a 11 missili. “Base Tuono” faceva riferimento al 66.mo Gruppo costituito nel 1959, dapprima a Montichiari (Brescia), poi spostato a Tonezza del Cimone.

Oltre all’amministrazione comunale di Folgaria, nella gestione del museo sono coinvolte l’Aeronautica militare, la Provincia di Trento e il Museo Storico del Trentino. Gli studenti costituiscono gli utenti maggiormente corteggiati poiché è ai giovani che va affidata la storia.

«Certo, molti visitatori sono turisti che soggiornano sull’altipiano, ma abbiamo decine di scolaresche che arrivano per imparare la pace in questo museo della guerra fredda. Riapriamo a fine marzo, di solito spalando la neve. Ma apriamo proprio per consentire alle scolaresche di venire qui».

Un viaggio nella memoria

Più che una gita, un viaggio-studio nella memoria, dentro le complesse procedure messe in atto per scongiurare una guerra termonucleare. Il disastro del 26 aprile 1986 nella centrale di Chernobyl non aveva ancora provocato le contaminazioni che conosciamo, ma già allora si sapeva quanta distruzione avrebbe causato una possibile guerra con l’uso del nucleare.

L’area si sta allargando. Sono in corso i lavori per la costruzione di un nuovo hangar che dovrà ospitare un paio di velivoli storici: un cacciabombardiere e un caccia intercettore dell’epoca dei Nike. «La coerenza di questa nuova esposizione – precisa Struffi – sta nell’eventualità di un contestuale impiego di intercettori pilotati, gli aerei, e di intercettori teleguidati, i missili”.

Benché ormai inoffensivi, quei tre missili sulla rampa e la sala di lancio allestita in un container militare, alimentano un brivido di gelo.

La sensazione di averla scampata bella. Una guerra termonucleare che oggi non saremmo qui a raccontare.

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