L'INTERVISTA

"Dopo l'attacco dell'orso la mia vita non è più la stessa"

Il racconto di Wladimir Molinari, aggredito dall'orsa Kj2 nel giugno del 2015 e ora senza lavoro: "Amo gli animali e non ce l'ho con l'orso, ma il progetto dovrebbe essere più controllato"


Andrea Selva


TRENTO «Sono passati due anni da quel giorno a tu per tu con l’orso e posso dire che la mia vita non è stata più la stessa». Sono le parole di Wladimir Molinari che, dopo mesi di silenzio, ha accettato di raccontare al Trentino cosa è cambiato per lui da quel 10 giugno del 2015 in cui venne aggredito sui sentieri del Sorasass dall’orsa Kj2.

Molinari, questa vicenda le ha provocato danni fisici e le è costata anche il posto di lavoro. Ma facciamo un passo indietro, quali erano le sue sensazioni dopo l’aggressione?

Ero sotto choc per quanto mi era accaduto, ma anche estremamente contento per il fatto che mi ero salvato: non mi pareva vero di esserne uscito vivo. È stata una cosa allucinante, immaginate cosa significhi essere sbranati dall’orso.

Quanto è rimasto all’ospedale?

Nove giorni, avevo centinaia di punti in tutto il corpo, quindi è iniziato il percorso verso la riabilitazione.

Wladimir Molinari nel letto d'ospedale al Santa Chiara (foto Tgr Rai) Aggredito dall’orso: grave un podista Wladimir Molinari, 45 anni, stava correndo in località Pozza degli Spini a Cadine quando il plantigrado lo ha attaccato con morsi in testa e zampate

Quando ha capito che il braccio non sarebbe più tornato quello di prima?

Quando sono tornato a casa. Ho iniziato un ciclo interminabile di visite e ho affrontato una lunga serie di medicazioni, che talvolta duravano anche un’ora e mezza. Per fortuna la mia compagna è infermiera e questo ha semplificato le cose.

E’ stato un percorso doloroso?

Non è stato quello il problema. Il dolore vero l’ho provato il giorno dell’aggressione: ero senza telefonino, ho incontrato un ciclista pure lui senza telefono che mi ha accompagnato all’auto: ho camminato per quattro chilometri, quella è stata la fase del dolore, poi i problemi sono stati altri.

E quali allora?

Ho avuto a lungo la visione dell’orso e non sono riuscito a dormire per tanto tempo. Talvolta mi accade ancora. Ho avuto bisogno anche di assistenza psicologica e di farmaci per ottenere un po’ di tranquillità.

Ha capito subito che non avrebbe recuperato la completa funzionalità del braccio?

All’inizio ero fiducioso, ma già nel corso dell’estate il chirurgo della mano mi ha tolto l’ottimismo. Il problema è che non ho recuperato la forza dell’avambraccio a cui è stata strappata una parte di muscolo. Ecco perché non posso più fare il mio lavoro di imbianchino, nel settore edile bisogna avere il fisico a posto, non è come stare dietro una scrivania.

Quando ha perso il lavoro?

Un anno dopo l’incidente, quando è terminata la copertura previdenziale della malattia. Il mio datore di lavoro mi ha agevolato finché ha potuto, ma alla fine abbiamo dovuto guardare in faccia la realtà.

È stato un brutto colpo?

Bruttissimo, ho cominciato a lavorare all’età di 15 anni e non mi sono mai tirato indietro, nemmeno quando ero malato. Mi sono detto: e adesso cosa faccio? Per me il lavoro è importante e mi sono subito messo a cercare un impiego alternativo: lo sanno bene all’agenzia del lavoro che mi sta seguendo da più di un anno, ma finora non ho trovato un altro impiego.

Il suo grado di invalidità le consente di accedere a opportunità lavorative protette?

Tenendo conto anche della questione psicologica sì. E infatti sto provando anche questa strada. Riprendere il lavoro mi farebbe benissimo, anche al morale.

In tutto questo che rapporti ha avuto con la Provincia di Trento?

I forestali hanno sempre manifestato grande preoccupazione e sensibilità per quello che mi è accaduto, mentre con l’amministrazione è stato un dialogo tra avvocati: ero convinto che la faccenda si sarebbe risolta, ma dopo due anni ho molta meno fiducia. Nel caso di un banale incidente stradale questa situazione sarebbe già risolta da tempo, mentre con l’orso di mezzo - tra Provincia e assicurazioni - pare tutto più complicato. Mi dispiace molto, anche perché quel giorno mi sono salvato la vita lottando con l’orso. Sono stato fortunato, ma ho anche combattuto: quell’orso voleva mangiarmi, ero la sua preda, con una persona più debole non sarebbe andata così. E devo ringraziare anche il mio cane Bach.

Ha avuto problemi finanziari?

Senza più stipendio e con le rate del mutuo da pagare non potrebbe essere altrimenti.

Le hanno fatto un’offerta per chiudere la vertenza?

Sì, ma non mi faccia parlare di cifre. Le dico solo che con quello che mi è stato offerto potrei pagare a malapena le spese che ho dovuto sostenere.

Qualcuno potrebbe accusarla di voler lucrare su questa faccenda...

Figuriamoci, se potessi cancellare quel 10 giugno lo farei subito. Chiedo solo quello che mi spetta.

Lei è andato in ospedale a trovare Angelo Metlicovec, abitate entrambi a Cadine, a pochi minuti di distanza. Vi conoscevate già?

No, ma ho sentito il bisogno di andare a trovarlo perché in due anni non sono mai riuscito a far capire agli altri quello che ho provato. Lui c’è passato e so che può capire.

Va ancora a correre in montagna?

No, vado in ciclabile, oppure sul Doss Trento, ma mi tengo alla larga dai boschi, soprattutto dal Brenta, dalla Paganella e dal Bondone. Al primo rumore vado fuori di testa.

Che sentimento prova per gli orsi?

Amo gli animali, tutti. L’orso quel giorno si è comportato da orso.

E del progetto cosa pensa?

Non riesco a dare un giudizio, ma penso che gli orsi dovrebbero essere più controllati. Mi chiedo come sia possibile che nonostante l’ordine di cattura l’orsa che mi ha aggredito sia stata presa, poi liberata e ora sia ancora in libertà.













Scuola & Ricerca

In primo piano