Diari, disegni e condivisione: così resiste la scuola materna
L’infanzia ai tempi di Covid-19. Silvia Cavalloro, della Federazione: «Stiamo lavorando perché venga mantenuta la rete delle relazioni. E ci dobbiamo preparare per il futuro»
LAVIS. C’è un “prima” e c’è un “dopo” coronavirus anche nel mondo della scuola. E questo è vero anche per i più piccoli, secondo Silvia Cavalloro della Federazione provinciale scuole materne: «Ora siamo sollecitati a rimettere a fuoco cosa è centrale e irrinunciabile. Torneremo a quello che c’era prima, ma certamente non saremo più gli stessi».
Cavalloro, come si sono organizzate le scuole materne?
Le insegnanti si sono mosse da subito in maniera spontanea, utilizzando i dispositivi che erano alla loro portata. In questo modo hanno fatto arrivare alle famiglie un messaggio di vicinanza. Come dire: le scuole ci sono ancora. E quindi hanno realizzato ad esempio piccoli video, leggendo dei libri, proponendo delle ricette o delle filastrocche. Questo è successo da subito, quando ancora si pensava che la chiusura sarebbe stata temporanea. È stato un modo per stare vicini comunque ai bambini.
Poi la chiusura si è allungata.
Allora siamo passati a un sistema più organizzato, più da scuola. Le famiglie sono state contattate attraverso i siti internet, i social network e gli indirizzi email. Abbiamo inviato una serie di proposte che avevano lo stesso filo conduttore. Non erano dei compiti, ma dei suggerimenti per permettere ai bambini di stare insieme ai genitori. Fare un disegno, condividere i pensieri o cucinare insieme i biscotti: non sono mai attività per riempire il tempo, ma dei pretesti per stare in relazione con i bambini.
Però così viene comunque meno un altro tipo di relazione, quella con i coetanei. Avete trovato una soluzione?
Molte scuole hanno chiesto alle famiglie di mettere in circolo queste cose fatte dai bambini. Così le famiglie hanno iniziato a condividere e scambiarsi ciò che fanno i propri figli. Vedere il disegno fatto dall’amichetto è comunque importante. Anche perché fa capire che gli altri non sono spariti.
C’è altro?
L’ultimo passaggio fondamentale è stato prepararsi al futuro: a quando riapriremo la scuola. Per esempio, abbiamo proposto alle famiglie di tenere un “diario degli oggetti”. Ovvero, raccogliere qualsiasi cosa ricordi delle particolari conquiste fatte durante questo periodo. Faccio un esempio a caso: se un bambino impara a versarsi il latte da solo a colazione, può conservare un cucchiaino. Gli oggetti poi saranno portati a scuola e il bambino potrà raccontare quello che ha fatto. Tutto questo serve per mantenere un filo con quello che c’era prima e quello che ci sarà dopo questa emergenza.
I bambini come vivono quello che sta succedendo?
Sono immersi nell’emergenza, proprio come noi. Sono in un contesto in cui le regole sono cambiate e anche i loro spazi. Qualcuno per fortuna ha il giardino o la terrazza. Però tanti sono limitati negli spostamenti, nella vita all’area aperta e nel movimento fisico, che a questa età deve essere irruente, giocoso e vivace. E poi c’è la dimensione della mancanza degli affetti: non potere avere più relazioni con i nonni, gli zii e i compagni. Sono tutte cose che i bambini percepiscono. Sono dentro questo contesto sociale, emotivo e comunicativo molto forte.
Come devono comportarsi gli adulti?
Con un gioco di parole, dobbiamo ricordarci di ricordarcene. Non possiamo fare a finta di nulla, pensando che tanto i bambini non se ne accorgono. Da un lato, li dobbiamo proteggere: non lasciamoli soli davanti al televisore. Allo stesso tempo dobbiamo parlarne con loro e dobbiamo ascoltarli. Possiamo anche dire che è un momento difficile. Ma sempre dando un segno di speranza, spiegando che ne usciremo. In fondo ne abbiamo bisogno anche noi.