Così il Trentino della bella vita ha scoperto cos’è la paura 

Il primo bilancio. Primi nelle classifiche della qualità della vita ci ritroviamo fra i più colpiti dal virus. E dall’eterno dibattito sulle liste d’attesa siamo passati a chiederci: basteranno i posti letto? Ecco la cronaca di un mese che ci ha cambiato per sempre


Andrea Selva


Trento. Dalla paura dei cinesi alla diffidenza per i vicini di casa. Dalla sicurezza di chi vive nella provincia italiana dove la qualità della vita è più alta, all’angoscia di chi vede morire soffocati i propri genitori e nonni senza che i medici riescano a salvarli. Ci lamentavano perché la lista d’attesa per l’oculista e il dermatologo era troppo lunga e ora ci ritroviamo a seguire i bollettini quotidiani cercando di capire se davvero in terapia intensiva sono rimasti (ancora) posti letto liberi. Dagli inviti ai turisti (venite a sciare da noi) agli appelli a tornare a casa, lasciando libere le seconde case delle località di montagna. Ecco come siamo diventati nel giro di un mese, tanto è passato dalla notizia di un primo contagio a Trento. Ma per raccontare questa vicenda bisogna fare un passo indietro.

La quarantena dei cinesi

Era inizio febbraio quando la Provincia decise di riaprire l’ex Hotel Panorama di Sardagna, per mettere in quarantena i cinesi che tornavano dalla Cina al termine delle vacanze del Capodanno cinese. In quei giorni il virus sembrava un fenomeno lontano e il problema erano loro - i cinesi - tanto che la loro presenza nell’hotel abbandonato suscitò la rivolta del sobborgo. Eppure - calendario alla mano - forse già in quei giorni il coronavirus circolava nelle nostre località turistiche. Di sicuro c’è una cosa: nessun cinese è stato trovato positivo e nel frattempo nelle valli trentine emergevano le situazioni più pesanti di questa epidemia.

I primi contagi

La prima notizia di persone contagiate, presenti sul suolo provinciale, è legata a una famiglia di Codogno in vacanza sull’altopiano della Paganella. Era il 23 febbraio e li rimandarono subito un Lombardia. Una decina di giorni dopo giunse la notizia di una donna contagiata a Trento: aveva partecipato a un pellegrinaggio ad Assisi. Lo stesso pellegrinaggio a cui aveva preso parte anche padre Angelico (Pierluigi Dell’Amico, 86 anni) che morirà nei giorni successivi. L’11 marzo l’assessora Stefania Segnana, commossa, dà la notizia del primo decesso in Trentino: si tratta di un’anziana di Borgo, di 81 anni.

I trentini, lo sci e la quarantena

«Si sta a casa, non si va a bere un bianco nel volt del vicino» aveva detto (inascoltato) il governatore Maurizio Fugatti in una delle prime conferenze stampa. L’abbiamo presa allegramente: quando a carnevale le scuole sono rimaste chiuse i nostri ragazzi sono andati sulle piste da sci. Come dargli torto? Erano i giorni in cui l’assessore Roberto Failoni si faceva fotografare con Totti e Salvini sulle piste di Campiglio. Qualche giorno dopo - quando si poteva intuire il disastro - è cominciato il tira e molla delle società funiviarie: alzi la mano chi chiude per primo, con le Funivie di Campiglio che avrebbero voluto tenere aperto un’altra settimana mentre su internet circolavano (tra le proteste) le fotografie delle funivie piene di gente. Alla fine a mettere d’accordo tutti è arrivato l’ordine di chiusura del governo. Ma ancora i trentini - con grande e giustificata rabbia del governatore - continuavano a frequentare parchi pubblici, ciclabili e sentieri. Come la giovane guida alpina di Campiglio (famoso scalatore) che si è sentita male a passo Campo Carlo Magno, dove è dovuto volare l’elisoccorso in tenuta anti-virus.

Lo scontro con le Rsa

È stato un mese (anche) di scontri, come quello tra le case di riposo e la Provincia, che voleva garantire ai parenti degli ospiti anziani l’accesso alle strutture. Le Rsa puntarono i piedi: «Troppo pericoloso, se all’interno si dovesse verificare un caso la situazione diventerebbe ingestibile». Avevano ragione loro e nessuno dei parenti che avevano fatto pressione sulla giunta provinciale ha più insistito per poter entrare a salutare i propri parenti.

La polemica con i medici

Da settimane i medici (e tutto il personale sanitario) protestano per la mancanza di tamponi e di dispositivi di sicurezza (che nel frattempo sono arrivati). Nei giorni scorsi il governatore Fugatti ha perso la pazienza: «Solo il 18 marzo i medici ci hanno segnalato la mancanza di tamponi, potevano dirlo prima visto che adesso non si riescono a trovare sul mercato le sostanze necessarie». L’ordine dei medici ha fatto notare che non spetta a loro procurare i presidi sanitari e garantire la sicurezza a chi lavora per la sanità pubblica trentina.

La prova di fuoco per la sanità

Dopo anni trascorsi a discutere di punti nascita nelle valli e liste d’attesa, la sanità trentina sarà misurata per la capacità di rispondere a un’emergenza senza precedenti. L’Azienda sanitaria ha più che triplicato i posti letto delle terapie intensive e sta contando le ore che passano: c’è la sensazione che se il sistema reggerà ancora per qualche giorno, il peggio sarà passato. Al momento ci sono anche margini sui posti letto tanto che nei giorni scorsi anche alcuni pazienti bergamaschi sono stati curati nella nostra provincia.

Il Trentino senza festival

Il primo a saltare è stato il Festival della Montagna, che era previsto a fine aprile. Salterà anche il Festival dell’Economia (forse sarà rinviato a settembre, ha detto il governatore Fugatti) mentre dovrebbero salvarsi, perché più avanti nella stagione, i Suoni delle Dolomiti e il Festival dello Sport (in autunno).

L’emergenza economia

Per il governatore Maurizio Fugatti quella economica sarà la seconda emergenza dopo quella sanitaria. Intanto abbiamo sperimentato in massa il telelavoro, acquisendo competenze utili per chi (in futuro) ce l’avrà ancora un lavoro. Fatto non più scontato per tantissime categorie professionali.

L’incognita turismo

Dopo il rassicurante annuncio di Trentino Marketing (il Trentino non è una destinazione a rischio, era il 26 febbraio) sul futuro del turismo provinciale è calato il silenzio. La speranza degli operatori è che le limitazioni alla circolazione delle persone si concludano in tempo per la bella stazione e il caldo estivo faccia venire voglia di montagna. Sugli arrivi stranieri nessuno ha speranze, la scommessa sarà sugli italiani. La montagna parte favorita: un pascolo fa meno paura di una spiaggia affollata. Ma l’incognita è un’altra: ci saranno soldi per andare in vacanza?













Scuola & Ricerca

In primo piano