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Centri commerciali, c'è aria di declino

Al Bren e Top Center gi affitti troppo alti fanno comparire sempre più cartelli «affittasi». Anche il costo delle spese comuni spinge chi non ce la fa ad andarsene


di Daniele Peretti


TRENTO. Apertura dalle 9 alle 19, sette giorni su sette: è una delle dure regole per chi apre un negozio in un centro commerciale. In tempi di crisi il guadagno è direttamente proporzionale alle persone che lo visitano. Potenzialmente più gente entra e maggiore più essere la percentuale d'acquisto. Chiaramente un giro del tutto diverso rispetto ad un negozio diversamente posizionato.

Entrando nei due punti storici cittadini, Bren Center e Top Center, la prima cosa che si nota è il cartello “affittasi” dei negozi all'ingresso. Al Bren Center perfino un panificio si è arreso, mentre al Top sono anni che i due negozi alla sinistra dell'ingresso sono sfitti. C'è un motivo? «N ten canton, vende anca 'l coion, dicevano una volta ed è vero. Solo – osserva Fulvio Marchesi dell'Arredo Giunco - che l'hanno capita anche i proprietari che chiedono di più d'affitto. E dal momento che bisogna far quadrare i conti, meglio una posizione più defilata, ma più economica».

Un altro problema è quello delle spese obbligate. C'è chi si trova costretto a pagare una quota parte del costo di iniziative comuni che non si potrebbe permettere. Come il rispetto dell'orario d'apertura, costringe praticamente ad assumere un dipendente ed ecco come i costi gestione lievitano. Chi sta meglio tra i due centri commerciali cittadini? Difficile dirlo. L'unica apertura annunciata è al Bren Center, dove sono due i negozi in affitto, mentre uno, pur con la merce all'interno, dà l'idea di essere chiuso da tempo. Il Top Center risponde con cinque negozi in affitto e due in corso di trasferimento che a breve saranno a loro volta vuoti.

All'Arredo Giunco ci dicono che l'unica possibilità di bilanciare le spese sia l'apertura continuata e la diversificazione del prodotto in vendita. In altre parole, individuato il settore merceologico, bisogna avere tutto quello che il cliente può chiedere.

Da “Sorelle Ramonda” si raccoglie la soddisfazione di chi non tornerebbe indietro ed è convinto della validità della scelta fatta. Ma gestire cinquemila metri quadri vuol anche dire avere una potenza economica non comune. Ed allora a soffrire sono i piccoli, che ci fanno notare come i centri commerciali non siano più realtà di nicchia, ma come il prezzo debba essere necessariamente basso e come sia sufficiente l'arrivo di un bazar cinese per far saltare il banco. Lo dice chiaramente una titolare di un negozio d'abbigliamento, che aspetta solo la scadenza del contratto per cambiare. Perché i costi di gestione richiederebbero dei prezzi di vendita che non si possono più tenere. «Il paradosso è che pur non vendendo sotto costo, il margine non è sufficiente a coprire le spese. Il prezzo lo impone la concorrenza e così alla fine ci si fa male l'uno con l'altro». Mentre fuori dai centri commerciali? «Prima di tutto sei libero. Ovvero non hai spese obbligate e spendi quello che puoi. Non hai orari imposti; ma hai affitti più bassi e puoi vendere al giusto».

Un altro aspetto tutto da valutare è quello dell'affluenza. Ormai in un centro commerciale non entrano più solo potenziali clienti, ma una grossa percentuale è fatta di curiosi, di gente che non ha altre idee per passare un giorno festivo o chi semplicemente porta i bambini a giocare.













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