Canazei: pagati 135 mila euro per il pestaggio

Tre giovani fassani sono accusati di tentato omicidio e violenza sessuale



TRENTO. Oggi a palazzo di giustizia la prima udienza per il pestaggio di Canazei di quasi un anno fa ma i tre imputati hanno già fatto un passo in avanti. E hanno messo mano al portafoglio. Tutti e tre, infatti, hanno pagato 45 mila euro a testa a titolo di risarcimento al cuoco inglese che ha rischiato seriamente di morire sia a causa dei traumi riportati (calci pugni e non solo) ma anche perché era stato lasciato nudo da solo con la temperatura esterna sotto lo zero. E così è di 135 mila euro la cifra che è andata all'uomo rimasto lungamente in coma dopo quella terribile notte. Questa mattina sarà un'udienza tecnica nella quale dovrebbe essere scelto il rito - probabilmente si andrà verso un abbreviato - con il quale i tre saranno giudicati. Posizioni diverse quelle dei giovani fassani. Da una parte c'è Gianluca Costantino arrestato dai carabinieri poco dopo il ritrovamento (casuale) dell'inglese e che ha reso subito un'ampia confessione. Confessione durante la quale ha tirato in ballo anche due amici, ossia Stefano Merighi e Diego Fosco. Contro i due non ci sarebbero solo le parole del primo, ma anche delle intercettazioni (non solo telefoniche, in un caso una cimice ha raccolto le loro parole della sala d'aspetto dei carabinieri di Canazei) e da parziali ammissioni. Inizialmente i due avevano negato di esser stati all'esterno dello Speckkeller per poi ammettere, invece di esserci stati ma non di aver partecipato al furioso pestaggio. In un secondo momento, durante un interrogatorio, Fosco avrebbe ammesso di aver addirittura orinato sul viso della vittima quando questa era stesa al suolo e avrebbe anche accusato Merighi di aver colpito l'inglese. D'altra parte c'è anche la testimonianza della vittima che ha parlato al plurale degli aggressori: «ricordo che ero caduto dove non c'era neve e dopo mi hanno trascinato prendendomi per la cintura dei pantaloni, dove non vi era della neve» e ancora «mi hanno infilato qualcosa nel sedere». Sì perché i tre sono accusati sì tentato omidicio ma anche di violenza sessuale di gruppo. In particolare il 19 aprile 2010, pochi giorni dopo l'aggressione avvenuta l'11, Merighi e Fosco sono nella sala d'attesa dei carabinieri e parlano. E vengono registrati. Il primo dice «era lì come un baccalà, non era buono di fare niente, niente, niente non faceva, come un baccalà». L'altro risponde: «alla fine della fiera abbiamo detto "basta Gian" sono andato e gli ho urlato "Gian basta". Dopo i carabinieri quando sono arrivati non era sulla neve, perso che il tipo nelle condizioni in cui era si è trascinato sulla neve». Ma ci sarebbe un altro passaggio giudicato importante dalla procura (l'accusa è sostenuta dai sostituti procuratori Licia Scagliarini e Davide Ognibene). L'inglese, infatti era stato aggredito con due assi di legno che poi erano diventata cinque bastoni. Con questi è stato percosso e anche violentato. Su questo punto Fosco dice nell'intercettazione: «dicevano che c'erano cinque bastoni...A parte che non c'erano cinque bastoni». E l'altro risponde: «Erano due». E ancora Fosco: «Ti ricordi che erano due. Non erano cinque i bastoni». Altro passaggio importante riguarda il lavaggio degli abiti sporchi di sangue, anche questo in qualche modo «raccontato» sempre da Fosco nella chiacchierata intercettata: «Se ti ricordi c'era sangue, ma subito, appena arrivato a casa l'ho lavata con acqua e sapone...Gianluca era pieno, pieno di sangue, comunque». Infine Merighi: «A loro non ho detto praticamente niente. Io ho detto che siamo andati con te e che abbiamo trovato questi qua. E che siamo andati per dividerli. Non gli ho detto proprio tutto, anzi».

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