Bondone, la funivia era «realtà» nel 1926

Nelle librerie la copia anastatica della guida di Pranzelores: racconta che il tratto Sardagna - Vaneze era già avviato


di Sandra Mattei


TRENTO. «Da Trento al Monte Corno si andrà in soli 25 minuti di splendido viaggio aereo, con una muova linea lunga 2500 metri, con due soli sostegni intermedi». Non è l’ennesimo annuncio del tanto sospirato progetto della funivia che porta sul Bondone, ma una citazione che risale a 90 anni fa.

Incredibile, ma vero, quel tratto di impianto che avrebbe dovuto portare la popolazione trentina e frotte di turisti a “Trento Alta”, dopo la prima stazione di Sardagna, era già stato approvato ed i lavori, pare, già avviati. Siamo nel 1927 ed in quell’anno Antonio Pranzelores, noto esponente della cultura trentina, segretario della Società degli studenti trentini e strenuo difensore dell’italianità di Trento, ha dato alle stampe una “Guida di Trento” con sottotitolo, testuale “colla Funivia di Sardagna - Monte Corno e il Bondone”. Il suo intento è proprio quello di mettere in risalto il legame della città con la sua montagna e di esaltare quell’opera ardita che collega Trento con la terrazza di Sardagna, ma che, assicura, a breve sarà completata con l’arrivo a Vaneze, a quota 1460 metri.

Ora tutto quanto descritto dall’irridentista può essere riletto nella copia anastatica che è stata data alle stampe di recente per i tipi delle edizioni Curcu&Genovese (12 euro, è acquistabile nelle librerie di Trento e on-line). Ad aver voluto con forza la copia anastatica della guida, realizzata da Paolo Curcu, è il figlio Livio Pranzelores, anch’egli appassionato di storia trentina e grande cultore della figura del padre. La storia della famiglia Pranzelores è indissolubilmente legata a quella della funivia perché proprio il primo viaggio di collaudo lo fecero Antonio Pranzelores, con la sorella Prassede insieme ad Aliprando Fracalossi. Era il primo agosto del 1925, ed ora che il dibattito torna ad occuparsi con rinnovato entusiasmo (ma non da parte di tutti) dell’ipotesi di collegamento della città con la sua montagna, stupisce apprendere che il primo tronco della funivia fu completato in meno di 1 anno. Avete letto bene. Dalla guida di Pranzelores, citiamo: «I lavori ebbero inizio il primo settembre 1924 e terminarono col collaudo dell’impianto il primo agosto 1925». E ancora: «È senz’altro la più ardita funivia del Trentino, e congiunge alla città di Trento il ridente pianoro, cinto sul davanti da rupi pittoresche, su cui sta l’alpestre paesello di Sardagna (m. 588) agevolando la salita alle vaste praterie ed alle cime del gruppo del Bondone (massima vetta m. 2180), meta preferita dagli alpinisti ed amatori di diversi sports invernali».

Al di là del linguaggio aulico, il testo è tutto teso ad esaltare le “magnifiche sorti e progressive” di un’epoca che confidava nella capacità imprenditoriale e nelle conquiste della tecnica per lo sviluppo futuro della città. Ed infatti la guida spiega che la realizzazione della funivia fu possibile grazie alla costituzione di un Comitato promotore che raccolse un capitale sociale di 153.000 lire con 38 azionisti. Non solo. L’allora “società a garanzia limitata per la funivia Trento Sardagna” si costituì l’anno successivo al collaudo in società “Funivia Trento-Sardagna- Monte Corno” e per l’appunto Pranzelores scrive che i lavori per il secondo tratto iniziarono il giorno dell’Ascensione, il 13 maggio 1926, giorno “simbolico e augurale”. E conclude il capitolo sulla funivia così: «per cui la salita del Bondone in ogni sua parte si ridurrà a poco più di una comodissima passeggiata o sia pure d’una gita sopra i soffici tappeti naturali privi di polvere, di sassi, di fango».

Come sia andata, a distanza di 90 anni, lo sappiamo. Non è chiaro però perché quel successivo tronco, che sembrava già avviato, non fu mai completato. È noto invece come i successivi tentativi di realizzare quanto era stato iniziato allora, andarono tutti a vuoto. Il primo studio di fattibilità avvenne mezzo secolo dopo, negli anni Ottanta, quando fu costituita la società Trento-Bondone con Ito Del Favero presidente e Gino Lunelli vice. Anche in questo caso, come nel primo, figuravano altri nomi di imprenditori trentini come Filippo Graffer ed Ernesto Bertoli. Non se ne fece nulla. Così come rimase sulla carta il successivo tentativo, nei primi anni Duemila, di rilanciare il Bondone con uno studio della società Montecno. Ora ci si riprova, con la nomina dell’assessore delegato al Monte Bondone Dario Maestranzi ad occuparsi del tema specifico. Non senza le polemiche, che accompagnano qualsiasi opera legata al rilancio della Montagna di Trento. Certo, trovare finanziamenti privati, in tempo di crisi, non è facile, ma se ce l’hanno fatta gli imprenditori trentini appena usciti dalla Grande guerra, ed in soli 3 anni, sembra impossibile che non ce se la faccia dopo oltre 90 anni che si vagheggia quest’opera.

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