Avvocati in calo: prima volta in 20 anni 

Lavoro. Dal 2000 al 2018 sono più che raddoppiati gli iscritti all’Albo di Trento: oggi sono 779. A fine 2019 è stato registrato un decremento Ma per Bertuol, ex presidente dell’Ordine, non è un problema. Anzi: «Il mercato è saturo. E oggi chi si avvicina a questo lavoro è più motivato»



Trento. Solo sei avvocati, su 23 che hanno superato l’esame di abilitazione, hanno deciso di prestare giuramento e di iscriversi quindi all’Ordine, passo necessario per esercitare la professione forense. Un dato che non ha precedenti e che naturalmente avrà bisogno di conferme future per capire se effettivamente è l’inizio di un trend, come ha sottolineato il presidente Michele Russolo. C’è da dire, tuttavia, che anche le iscrizioni all’Ordine degli avvocati di Trento mandano segnali di inversione di rotta rispetto al passato: nel 2019 per la prima volta in vent’anni si è registrato un calo.

Alla fine dello scorso anno, infatti, gli avvocati del foro di Trento erano 779, dieci in meno rispetto al 31 dicembre 2017 (789) e appena tre in più rispetto al 2016 (776). Eppure dal 2000 in poi, dicono le statistiche dell’Ordine, l’aumento è sempre stato in doppia cifra. Tra il 2000 (367) e il 2017 (789) gli avvocati del foro di Trento sono più che raddoppiati.

Oggi, evidentemente, la professione forense attrae di meno, per tutta una serie di motivi. Un problema? Non per forza, come osserva l’ex presidente dell’Ordine degli avvocati di Trento, Roberto Bertuol. Per anni, infatti, l’Ordine ha battagliato a livello nazionale per porre un freno ad una crescita fuori misura degli avvocati, che ha creato una saturazione del mercato.

«Il tema è complesso è va inquadrato in un percorso che ha portato alla riforma dell’ordinamento della professione forense del 2012 - spiega Bertuol-. Per come era conformato l’esame sino a quel momento, c’era stata una crescita esponenziale della categoria, con il superamento dei 200mila avvocati in Italia. Oggi sono 250mila, ma da allora si è cercato di fermare un aumento incontrollato». Dovuto a? «Geneticamente dovuto ad una serie di fattori: ad esempio le nostre università (Trento è un’eccezione) non hanno un numero chiuso, senza dimenticare la moltiplicazione delle facoltà di giurisprudenza e gli sbocchi professionali (l’insegnamento su tutti) che un tempo questa laurea dava. Poi c’è stato il problema degli esami di abilitazione non selettivi, anche se il Trentino Alto Adige ha fatto eccezione, con percentuali molto basse a differenza della media nazionale».

Sta dicendo che molti andavano fuori regione a fare l’esame perché trovavano una strada meno in salita? «Non solo: andavano anche in Spagna, dove non erano previsti percorsi di tirocinio. Io da presidente dell’Ordine incontrai il presidente degli avvocati di Madrid per affrontare questo problema. Poi la Spagna ha cambiato le norme. La cosa si è poi ripetuta con la Romania, ma anche qui si è intervenuti. Detto questo, il problema era comunque la “sovrapproduzione” di avvocati che il mercato non riusciva ad assorbire. A Napoli, ad esempio, c’è una quantità enorme di avvocati che non riesce a lavorare. Questo rappresenta un problema anche perché oggi l’accesso alla professione prevede regole più stringenti rispetto ad una volta».

Ad esempio? «L’obbligo di iscrizione alla cassa previdenziale, una voce fissa che va versata anche se non si ha alcuna entrata. È una delle ragioni che spiega perché anche chi ha passato l’esame di abilitazione poi non si iscrive all’albo. C’è poi un aspetto più di genere: ci sono sempre meno uomini che si iscrivono a giurisprudenza (forse proprio perché ha meno sbocchi sul piano lavorativo) e molte più donne. Non sempre le donne cominciano subito la professione, prima valutano altre soluzioni, pur avendo l’abilitazione».

I filtri per accedere alla professione hanno quindi risolto il problema? «Non risolve il problema del numero complessivo di avvocati che esercitano- spiega Bertuol - tuttavia oggi quelli che decidono di intraprendere la professione sono molto motivati, proprio per l’impegno che l’accesso alla professione richiede, a partire dalla pratica, che è molto più impegnativa rispetto ad alcuni anni fa. Io nei giovani avvocati vedo una buona generazione».

Si sente parlare spesso della difficoltà degli avvocati a riscuotere le parcelle. Anche questo ha fatto perdere appeal alla professione? «È un problema che non riguarda solo gli avvocati. Diciamo che la legge Bersani (quella che ha abolito il tariffario ndr) ha avuto effetti devastanti, anche per i giovani avvocati. Come fanno a produrre un reddito sufficiente per vivere in un arco temporale ragionevole? Aggiungo: chi fa l’avvocato ha un vincolo di esclusività della professione, non può quindi - conclude l’avvocato Bertuol - avere altri lavori». G.F.P.

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