«Arriva una bella ragazza»,  ma era un carico di cocaina 

Operazione Carthago. Pusher e trafficanti comunicavano in codice, qualcuno il cellulare non lo utilizzava temendo intercettazioni. La “mamma” era il referente di grado più alto


Valentina Leone


Trento. Negare, sempre e comunque. Perfino quando gli uomini del Gico di Trento hanno notificato le ordinanze di custodia cautelare, o nel chiedere conto di rapporti e conoscenze più che acclarate, gli stessi finanzieri si sono trovati davanti un muro fatto di «Non lo conosco, chi è?», «Io? Vi sbagliate, forse cercate un omonimo». «Non so nulla, nomi mai sentiti prima». La maxi-operazione “Carthago”, condotta dalla Guardia di Finanza di Trento e coordinata dalla Dda, ha portato alla luce un mondo di pusher, intermediari e personaggi vicinissimi alla criminalità organizzata, che non erano sicuramente novellini o sprovveduti. Dal gradino più basso al gradino più alto, tutti adoperavano sistemi e metodi per evitare di finire nella rete delle Fiamme gialle.

Così, la notizia dell’arrivo di rifornimenti di cocaina in regione si trasformava in ben altro: «Domani arriva una bella ragazza, proprio bella», era la frase in codice per indicare lo stupefacente e far capire che si trattava di coca di ottima qualità. Una caratteristica che contraddistingue in qualche modo anche il territorio regionale, reso appetibile da una maggiore ricchezza: qui un grammo di coca purissima lo si può far pagare anche 100 euro, una cifra impensabile in altre regioni, dove invece viene offerto un costo basso e sostanza tagliata.

L’indagine, iniziata nella primavera del 2016, ha portato alla denuncia di 73 persone, quindici delle quali finite agli arresti, e a un sequestro complessivo di oltre una tonnellata di hashish e alcuni chili di coca. La svolta, che fa capire come il Trentino sia un anello importante di una rete ampissima (25 le persone indagate in regione), arriva già nel novembre del 2016, quando a Spini di Gardolo viene fermato un corriere della droga, che nella propria auto aveva occultato dieci chili di hashish e 700 grammi di cocaina. Un quantitativo elevato, che ha convinto gli investigatori della bontà della strada intrapresa nelle indagini. Certo, non tutti avevano bisogno di usare dialoghi in codice: uno dei narcotrafficanti maghrebini coinvolti nell’indagine, ritenuto una figura di primo piano, non adoperava praticamente mai il cellulare in quanto temeva di essere intercettato. Stesso modus operandi per l’affiliato del clan Gionta, considerato un peso massimo dell’organizzazione: comunicazioni ridotte all’osso se non nulle, proprio per evitare intoppi. Eppure qualche passo falso è stato commesso, perché alla fine il carico più importante, quello da una tonnellata di hashish, è stato intercettato. E, alla fine, le manette sono scattate anche per loro.













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