dopo di noi

Alla conquista della normalità

Il progetto “Io abito” a Rovereto: educa sia i disabili che le loro famiglie all’autonomia e al distacco. Coinvolgendo l’intera comunità


Luca Marsilli


ROVERETO. Alla fine, forse la definizione più adeguata al progetto “Io Abito” è quella di un percorso formativo. Dove però la formazione va vista su almeno tre livelli. Ci sono gli utenti, ragazzi e ragazze, che seguendo un percorso progressivo e guidato acquisiscono non solo le basi pratiche per una vita il più possibile autonoma, ma forse soprattutto la consapevolezza di poter pensare a se stessi in un contesto diverso da quello familiare. Poi ci sono le famiglie, che lo stesso percorso di distacco e di consapevolezza lo devono compiere guardando lo stesso rapporto ma dall’altra parte: quella dei genitori e fratelli. Che con uno sforzo che può essere altrettanto importante, prendono contatto con opportunità che non immaginavano e imparano a accettare l’idea che anche la persona che hanno sempre visto come debole e bisognosa di loro, ha dei margini di autonomia. E che di loro, almeno in parte, può fare a meno.

Infine c’è l’aspetto collettivo: il contesto urbano e sociale in cui i nuclei di «Io abito» vengono inseriti. E che nell’offrire un appoggio che non è molto diverso dalla cortesia dei rapporti di vicinato vecchia maniera, si rapporta con persone che possono avere delle debolezze diverse da altre ma non per questo non sono individui capaci di rapporti pieni e autonomi, di amicizia, di riconoscenza, di reciprocità.

L’obiettivo è allo stesso modo multiplo: dare ai ragazzi l’opportunità di elaborare una autonomia che permetterà loro di vivere una vita il più possibile piena e soddisfacente; dare alle famiglie la serenità di sapere che oltre loro - e spesso, dopo di loro - non c’è un deserto affettivo e di opportunità, che il loro caro potrà andare comunque avanti in una vita propria. Sicura e serena, almeno quanto può esserlo la vita di ognuno di noi. Per la collettività l’obiettivo è culturale e di crescita affettiva e morale: in un mondo affollato di solitudini, prendersi cura è un modo per tornare a sentirsi comunità e parte di qualcosa di più ricco e migliore.

Il progetto «Io abito» nasce in queste settimane a Rovereto, per iniziativa di due cooperative, la Amalia Guardini e Villa Maria. Il primo appartamento è già attivo: messo a disposizione da Itea è stato arredato grazie all’aiuto dei volontari. È in viale Trento, sopra il supermercato. Il secondo è in allestimento e sarà operativo a inizio 2023, in via Venezia.

«Il progetto - spiegano le due referenti, Arianna Gallo e Irene Buosi - si articola su tre fasi. Si prevede sempre la permanenza nell’appartamento, dove si trova anche un operatore e si gode dell’appoggio di uno o più volontari, dal giovedì pomeriggio fino al lunedì mattina. Cambiano numero e frequenza dell’esperienza. Nella prima fase, “Io ci provo”, l’utente passa nell’appartamento, inserito in un gruppo di quattro persone, tre fine settimana non consecutivi. Ovviamente il percorso è seguito e si chiude con un bilancio: l’esperienza se necessario può essere ripetuta e costituisce il percorso base. La seconda fase, di consolidamento, la abbiamo chiamata «Io sono capace». Prevede 6 week end nell’appartamento nell’arco di sei mesi. La terza e ultima, «Io so abitare» ne prevede 16 in un anno. A quel punto il percorso è completato. E nei nostri obiettivi, sia l’utente che il suo gruppo familiare saranno pronti per avviare una esperienza di vita autonoma».

Non più negli alloggi gestiti dalle due cooperative, a quel punto, ma in alloggi attrezzati dalle famiglie o messi a disposizione dall’ente pubblico, non diversamente dagli alloggi protetti per gli anziani. Ma anche da privati sostenitori: è un mondo in divenire e il progetto “Io abito” vuole essere anche l’acceleratore di processi, culturali e assistenziali, già avviati.

Dal punto di vista dell’attività, i gruppi si organizzano come una famiglia. Fanno la spesa, cucinano, mangiano assieme, puliscono le camerette e l’appartamento. Fanno anche attività sia di gruppo che individuali: ognuno segue le proprie inclinazioni e attitudini. C’è la parte di organizzazione della vita che ha anche dei compiti e dei doveri, c’è il tempo libero, che viene utilizzato come si desidera.

L’attività è partita il 10 novembre e sono già attivi tre gruppi; dodici persone. Gruppi abbastanza omogenei per età, con utenti che vanno dai 22 ai 40 anni. Altri se ne aggiungeranno, soprattutto con l’entrata in uso del secondo alloggio.

 













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