Addio ai capannoni della ex Pirelli

Ciò che rimane del cotonificio Piave, costruito negli anni Venti, verrà abbattuto per fare posto al Polo della Meccatronica


di Michele Stinghen


ROVERETO. Prima il cotonificio conosciuto in tutta la Vallagarina come "el Piave", poi il primo "incubatore di impresa": presto sparirà per far posto alla Meccatronica. Anche dopo la chiusura dello stabilimento della Pirelli, lo storico capannone eretto negli anni Venti a San Giorgio era rimasto in piedi. Ora però ha i giorni contati: fra qualche mese verrà abbattuto per far posto ai laboratori della Meccatronica.

L'edificio non è sufficientemente storico per essere in qualche modo salvaguardato, non è tutelato come esempio di archeologia industriale e soffre di parecchi problemi, la copertura è danneggiata, il peso degli anni si fa sentire su tutta la struttura. É stato quindi deciso l'abbattimento e la ricostruzione secondo canoni moderni.

Sarà comunque un pezzo di storia che se ne va, perché il cotonificio di via Zeni è stato uno dei pilastri dell'industria roveretana tra gli anni Venti e gli anni Ottanta. La fabbrica venne costruita per risollevare Rovereto, reduce da una guerra che l'aveva quasi azzerata. Fu il municipio, nella persona del commissario Silvio Defrancesco, a trattare con la Pirelli per il suo insediamento, che venne facilitato dagli incentivi per gli stabilimenti nelle province "irredente" appena conquistate.

La costruzione dello stabilimento avvenne velocemente, con una tale concentrazione di mezzi e persone da rievocare nelle persone la recente battaglia del Piave. Il nome si ricollega anche all'iniziale assunzione di donne friulane e dirigenti veneti (in zona non c'era personale specializzato). Comunque sia, il nome "Piave" divenne d'uso comune, il nome popolare dato alla fabbrica ora rimane nell'auditorium di Trentino Sviluppo.

Nel 1926 la Pirelli cominciava la produzione di filati di cotone, necessari per costruire gli pneumatici e i cavi elettrici. Un po' come era accaduto in precedenza con la Manifattura, la fabbrica cambiò la società. Erano molte le donne operaie, nello stabilimento entrarono molte persone di famiglia contadina. In barba alle discriminazioni di genere, di cui allora certo non si parlava, e donne erano pagate un terzo degli uomini. Era anche il periodo del fascismo: le 178 donne che aderirono ad uno sciopero nel 1927 vennero licenziate, per essere assunti la tessera del partito era pressoché obbligatoria.

La fabbrica continuò a lavorare, a volte solo di notte, durante la guerra; venne più volte bombardata. La Pirelli venne poi ricostruita, anche se già allora l'azienda fu in procinto di concentrare la produzione nella zona di Milano.

La ditta fece nuove assunzioni tra gli anni Cinquanta e Settanta. La storia della Pirelli fu segnata anche da un incendio, nel 1954; venne investita dagli scioperi del '68; cercò di anticipare il part-time per le donne, offrì agli operai azioni dell'azienda.

La crisi cominciò nel 1977, perché il cotone cominciava ad essere sostituito da altri materiali, e c'era la concorrenza di altri paesi, dove costava meno. Né si poteva convertire la fabbrica al cotone per abbigliamento.

Nel 1982 chiude e 250 lavoratori rimangono a casa. La Provincia, tramite la finanziaria Tecnofin, acquistò lo stabilimento l’anno successivo, con un investimento di quasi tre miliardi di lire. Si cercò una nuova realtà aziendale, fino a quando si scelse di usare gli spazi per piccole e medie imprese con sede in zona. Nel 1986 partirono i lavori di recupero, nel 1988 si insediarono 12 imprese, e lentamente la realtà crebbe, prima come Tecnofin, poi Bic, infine Trentino Sviluppo. É nel 2003 che viene aperto il fronte del "polo tecnologico" di via Zeni. La storia ora va avanti, ma senza più quel vecchio capannone, da cui si è generata tutta questa vicenda.

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