È morto Nicolodi, il clochard che fu «amico» di Churchill

Fu internato in un campo di concentramento assieme a Giovannino Guareschi Di giorno studiava e leggeva alla Lub, di notte dormiva sul treno per Bologna



TRENTO. Era un barbone gentiluomo. Magro e curvo si trascinava per le vie di Bolzano per consegnare nelle redazioni bizzarri volantini scritti a mano. In città tutti conoscevano quel vecchietto, in pochi erano invece a conoscenza della sua lunga e straordinaria storia. È morto a 97 anni a Cavedine Arturo Nicolodi, europeista radicale che cenò con Winston Churchill e Alicde Degasperi e che poi scelse la vita della strada. «Questo uomo libero nel fare e nel pensare ha lasciato una traccia nella storia della città»: lo ricorda così il sindaco Luigi Spagnolli. Nicolodi proveniva da una famiglia borghese, un fratello era notaio, l’altro filosofo. Durante la ritirata degli italiani dalla Grecia fu arrestato dai tedeschi e finì in un campo di concentramento in Polonia assieme allo scrittore Giovannino Guareschi e al pittore Italo Zetti. Tornato a piedi a Bolzano, fondò il partito Nuova Europa. Più volte l’europeista sfegatato fu arrestato, una volta per aver strappato per protesta la sua carta d’identità, l’altra volta per aver offeso il presidente della Repubblica Einaudi, definendolo in un telegramma «incompetente».

Nel 1953 il settimanale tedesco «Der Spiegel» dedicò un lungo articolo al suo sciopero della fame in carcere, durante il quale Nicolodi dovette essere alimentato artificialmente. Nicolodi divenne poi per scelta barbone. Passava le giornate nei corridoi della Libera Università di Bolzano, dove gli studenti lo adottarono come una sorta di mascotte, di notte dormiva sui treni. La sua tratta preferita era Bolzano-Bologna e ritorno. Ma la sua fama continuava a seguirlo.

Il regista Pietro Marcello gli dedicò il film «Il passaggio della linea», che nel 2007 sbarcò al Festival di Venezia. A oltre 90 anni, a causa di problemi di salute sempre più seri, tornò a dormire, per la prima volta dopo 50 anni, in un letto, ma continuò a rifiutare ogni farmaco. Ha vissuto gli ultimi anni in una casa di riposo a Cavedine, nella valle dei Laghi, dove in pochi erano a conoscenza della sua lunga storia e delle sue conoscenze così importanti e storiche.

Per un disguido nella compilazione dell’ultimo censimento, Nicolodi perse recentemente la residenza a Bolzano. E così, poco prima di morire, tornò un uomo libero come lui intendeva.

Lo ricorda anche l’amico e amministratore di sostegno Alberto Berger. «I suoi ideali, le sue battaglie senza mai compromessi, hanno posto la sua personale esistenza sempre in secondo piano, senza mai rinunciare, nemmeno in grandi difficoltà, al suo senso morale e civico». Le sue battaglie, «come spesso avviene per ogni idealista, sono state sempre viste al limite tra l’ammirevole, quasi incredibile per un solo semplice, ma grande uomo e di riflesso forse anche come poco “realistiche”, quando quel realismo negli ideali di Arturo hanno anche richiesto alcune rappresentative lotte personali, anche se quasi in silenzio, senza grandi clamori».

Da uomo senza fissa dimora, «mai ha teso la mano per la carità e non ha mai ricevuto “carità”, ma sempre degli abbracci di disponibilità, di chi forse è riuscito ogni tanto a prenderlo sotto braccio ed a farsi accettare nel “donargli” poco, veramente poco, l’indispensabile alla volta».

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