L'OPERAZIONE

Sfruttamento del lavoro, la Finanza di Riva stronca una rete ramificata in tutto il nord Italia

In Trentino sfruttati 25 braccianti agricoli da un indiano residente a Brescia. Altri duecento lavoratori in nero scovati nelle campagne di tutto il nord. Denunciato anche un 36enne proprietario di terreni agricoli vicino a Riva del Garda



TRENTO. La Guardia di Finanza di Riva del Garda ha concluso, in collaborazione con gli uffici ispettivi INPS di Brescia, coordinati dalla Direzione Regionale INPS Lombardia, l’operazione “Oro Verde”, che in meno di due anni di indagini ha portato alla denuncia di tre soggetti per il reato di sfruttamento aggravato della manodopera e a scovare oltre duecento lavoratori irregolari e in nero. 

Le indagini delle Fiamme Gialle rivane sono scaturite da un intervento eseguito da alcuni agenti della Polizia Comunale Alto Garda e Ledro che, nel settembre 2017, avevano individuato durante un’attività di controllo del territorio, diversi soggetti di etnia indiana e africana che, dopo aver prestato attività lavorativa in terreni nell’abitato di Tenno, venivano caricati su due furgoni, dove sono stati trovati, complessivamente, venticinque extracomunitari malvestiti e denutriti, in condizioni precarie di igiene e di salute. 

Subito è scattata la collaborazione con le Fiamme Gialle della Tenenza di Riva del Garda, che sono intervenute per le operazioni di identificazione e per proseguire le attività investigative: durante le interviste ai venticinque lavoratori è risultato che provenivano dalle zone del bresciano; i Finanzieri hanno subito interessato le Procure della Repubblica di Rovereto e di Brescia, che ha successivamente assunto la direzione delle indagini, attivando gli accertamenti in materia di diritto del lavoro e previdenziale con la preziosa collaborazione dei funzionari degli uffici ispettivi INPS di Brescia.

In particolare, solo sei dei venticinque lavoratori erano risultati formalmente impiegati in modo regolare: per i restanti diciannove non era stato effettuato l’invio telematico al Ministero del Lavoro ed erano stati impiegati in attività lavorativa privi delle tutele previdenziali e contributive: uno di essi era, peraltro, privo del permesso di soggiorno e destinatario di un provvedimento di espulsione dal territorio nazionale, in quanto irregolarmente presente nello Stato. 

Le indagini sono proseguite nei confronti del datore di lavoro dei soggetti extracomunitari, un indiano residente nel bresciano, S.M. di 29 anni, titolare di una ditta individuale che effettua formalmente servizi di volantinaggio e di supporto alle imprese, del proprio consulente del lavoro S.P., 67 anni di Brescia e dell’utilizzatore della manodopera, D.B., 36 anni, trentino, proprietario dei terreni agricoli vicini a Riva del Garda. 

Gli uffici ispettivi dell’INPS di Brescia avevano già individuato S.M. nell’ambito di autonome attività ispettive per via di numerose anomalie di natura contributiva e, grazie allo scambio informativo intercorso, i Finanzieri della Tenenza di Riva del Garda hanno potuto ricostruire il modus operandi adottato dall’intermediario non solo con l’agricoltore rivano, ma anche con svariate aziende agricole della Lombardia, dell’Emilia-Romagna e del Piemonte. 

Grazie a una fitta rete di conoscenze tra i connazionali e nella comunità pakistana, S.M. avvicinava i richiedenti protezione internazionale domiciliati nei Centri di Accoglienza del bresciano e, approfittando dello stato di bisogno e delle necessità economiche, riusciva a procacciarsi manodopera a basso costo; i lavoranti – che venivano impiegati in attività lavorativa in condizioni degradanti – hanno dichiarato di aver percepito dai cinque euro all’ora ai venti euro per l’intera giornata, retribuzione inferiore del 60% a quanto previsto dal Contratto collettivo del lavoro per gli operai agricoli a tempo determinato, pari a circa dodici euro. 

Il quadro investigativo si è aggravato a seguito di alcune perquisizioni locali e domiciliari eseguite dai finanzieri anche presso S.P., consulente dell’indiano, grazie alle quali è stata acquisita numerosissima documentazione contabile ed extracontabile, tra cui le agende dove venivano annotate le retribuzioni e le ore effettivamente prestate dai lavoratori “intercettati” da S.M.

L’esame dei documenti sequestrati ha fatto emergere come l'indiano avesse effettuato somministrazione di manodopera nei confronti di altre ventitré imprese della Lombardia (Province di Brescia, Mantova e Cremona), Emilia-Romagna (Provincia di Piacenza) e Piemonte (Province di Torino, Alessandria e Cuneo), impiegando circa duecento lavoratori irregolari e in nero cui venivano corrisposte bassissime retribuzioni nella totale assenza del versamento di contributi previdenziali: i contratti di appalto venivano predisposti da un professionista del settore che veniva poi lautamente retribuito come collaboratore.

All’esito dell’attività amministrativa condotta da Finanzieri e Ispettori dell’INPS parallelamente alle investigazioni giudiziarie è stato accertato che l’imprenditore indiano, oltre allo sfruttamento dei venticinque lavoratori sul territorio trentino, aveva registrato sul Libro Unico del Lavoro giornate ed ore di lavoro inferiori a quelle effettivamente prestate da circa duecento lavoratori; utilizzato indebitamente un codice di contratto di lavoro riferito ad “assunzione di lavoratori extracomunitari dalle liste di mobilità”, non corrispondente al vero e che gli ha permesso di tariffare i contributi in maniera agevolata; omesso di denunciare all’INPS dei lavoratori già denunciati al Centro dell’Impiego e per i quali aveva elaborato i L.U.L.  (Libro unico del lavoro). 

Il totale degli importi delle omissioni contributive ammonta a oltre 600.000 euro, cui si aggiungono 200.000 euro di sanzioni civili: se questi importi non saranno pagati dai principali responsabili, saranno addebitati come obbligati in solido alle imprese agricole committenti che si sono avvalse della manodopera irregolare. 













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