«Sandoz, Marangoni e Adler: la Vallagarina è in agonia» 

L’allarme del sindacato. Cerutti: «Un sistema produttivo è al capolinea, e non si vede nulla che possa sostituirlo. Serve una assunzione di responsabilità della politica: il lavoro deve essere la priorità assoluta e senza scorciatoie»


Luca Marsilli


Rovereto. Pochi giorni dopo la doccia fredda della Marangoni Pneumatici, che ha annunciato ai lavoratori un accordo ancora non formalizzato per la riduzione dai 196 attuali a 170 dei dipendenti nello stabilimento Roveretano, anche la Adler ha comunicato di dover ridurre di 24 persone il proprio organico. E considerato che si ragiona di una azienda che oggi ha 51 dipendenti, significa sostanzialmente dimezzare il personale. In uno stabilimento che negli anni d’oro aveva sfiorato i 300 lavoratori ma ne occupava un centinaio anche solo 10 anni fa.

«La situazione è molto delicata - dice riferendosi alla Adler Mario Cerutti, della Cgil - e per molti versi simile, nella sua genesi, a quella di Marangoni. Alla Adler si è appena chiuso il periodo della solidarietà. Si era detto che l’arrivo di un socio indiano avrebbe permesso di ripartire con l’intero stabilimento. Oggi la proprietà comunica che al socio interessa solo la produzione delle frizioni e non il resto. Quindi si salva solo una lavorazione, con conseguente esubero strutturale di 24 persone, una ventina delle quali a Rovereto e le altre a Milano».

Vuol dire dimezzare l’azienda, almeno dal punto di vista occupazionale, ma non solo. «Significa legare la sopravvivenza di una azienda ad una sola commessa: si entra in una debolezza enorme che a gioco lungo non permette di sperare nulla di buono nemmeno per chi oggi mantiene il posto di lavoro».

E comunque, anche volendo essere ottimisti, sono posti di lavoro in meno: questo, secondo Cerutti, è il problema vero.

«Arrivano al pettine, una dopo l’altra, situazioni di crisi che il “sistema Trentino” ha gestito in passato investendo fortissime risorse, ma senza riuscire a fare molto più che tamponare le emergenze. I casi sono molti, in Vallagarina, ma anche a Trento e nel Basso Sarca. Con una aggravante: oggi di soldi ce ne sono molti meno. Ma il problema vero è ancora un altro: di fronte ad un modello industriale che è ormai al capolinea, non si vede nulla che lo possa sostituire. Ed è in questo che credo che tutta la politica locale - la Provincia, ma anche il Comune - debba compiere una seria assunzione di responsabilità. Il problema non sono solo i dipendenti che perdono il lavoro, che in aziende di questo tipo e con questa storia, sono in gran parte operai che vengono prepensionati, e magari sono anche contenti di esserlo. Il nodo è la perdita di posti di lavoro: non saranno mai recuperati in queste aziende, e altro non si vede. Venti in Marangoni, poco prima 18 in Sandoz, ora 20 in Adler. È uno stillicidio. E oltre a chi il lavoro rischia di perderlo, c’è una folla di giovani che deve trovarlo: loro sono il vero problema».

Di fronte a una crisi epocale, insomma, servirebbero risposte altrettanto importanti. Ma non se ne vedono. «Non solo: nemmeno se ne parla, se non per proporre slogan sciocchi e di cortissimo respiro. Per questo dico che serve una assunzione di responsabilità: non si tratta di rincorrere voti, ma di lavorare per dare un futuro al Trentino. Servono confronto serio, analisi, capacità di scegliere e difendere le scelte. Il Trentino deve darsi un modello economico e sociale che possa garantire lavoro e quindi benessere alle generazioni più giovani. E di conseguenza anche risorse per la cosa pubblica e pace sociale. È un mondo che sta cadendo a pezzi, e la politica non fa altro che cercare di sfruttare la situazione per costruire un consenso immediato quanto effimero. Sono almeno 10 anni che è chiaro costa sta succedendo. Ma risposte serie non se ne sono viste».













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