Salvata dal crollo Villa Orsi sarà abitata da tre famiglie 

In via Acquedotto. Nel 2016 era stata lanciata una petizione popolare (386 firme raccolte) al proprietario per salvare l’edificio che ospitò il famoso archeologo nel suo ultimo anno di vita


GIANCARLO RUDARI


Rovereto. Anni di abbandono e di incuria hanno lasciato il segno. E si vedono tutti, i segni della vecchiaia e della decadenza di una villa che era stata la residenza dell’archeologo Paolo Orsi. Una residenza che rischiava di scomparire (i crolli del tetto e agli interni sono evidenti) se non ci fossero state tre famiglie di roveretani che si sono unite per acquistarla, restaurarla e andarci ad abitare. «Sarà un lavoro immane, non so perché ci siamo buttati in questa avventura che non sappiamo ancora quanto ci costerà...» racconta uno dei nuovi proprietari dopo l’acquisto dalla famiglia Moggio, ultima proprietaria fino a pochi giorni fa. Una villa (alla quale si accede da via Acquedotto) con parco acquistata dal Comune alla fine del 1800 (esattamente 1897) dalla signora Cattani. Il rogito venne effettuato dal notaio Giacomo Orsi, fratello dell’archeologo, che lì ci andò ad abitare in affitto dal Comune. Nell’ultimo anno di vita (morì nel 1935) Paolo Orsi, già ammalato, tornò a vivere a Rovereto e chiese (invano) al Comune di acquistare la villa. Il Comune la vendette, nel 2004, alla famiglia Moggio.

Disabitata dagli anni Settanta

Una struttura già abbandonata ed in decadenza visto che era disabitata dalla fine degli anni Settanta. Da allora nessun intervento è stato effettuato sulla casa e sul parco-giardino di 11 mila metri quadrati. E i risultati si vedono: tetti e piani crollati, la struttura stessa a rischio di crollo tanto che saranno necessarie perizie per valutare se la struttura “regge” statisticamente. I nuovi proprietari vogliono recuperare l’edificio nella sua struttura originaria, salvando anche i caratteristici poggioli e le decorazioni in legno, come prescritto dalle indicazioni del prg che classifica l’area "di interesse storico" consentendo solo il "risanamento conservativo d1", L’edificio è salvo ma anche la memoria storica va preservata almeno con una targa che ricordi l’archeologo roveretano famoso nel mondo.













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