Dai boschi al Lungo Leno è l’estate delle zecche 

Caldo e umidità, sono ovunque. I giardinetti, la ciclabile ma anche gli spazi verdi in centro Il consiglio degli esperti è evitare di entrare nell’erba senza scarpe alte a pantaloni lunghi


Luca Marsilli


Rovereto. L’anticipo di primavera molto veloce, poi un mese di pioggia, poi il gran caldo. Condizioni ideali per la proliferazione delle zecche. Che hanno bisogno nella loro complicata e fastidiosissima (per gli umani e gli altri animali) esistenza sia di calore che di umidità. Tanto da essere costrette ad abbandonare periodicamente le postazioni in cui aspettano il passaggio di un “ospite”, in cima agli steli d’erba o su arbusti di ogni genere, per riparare sul terreno e reidratarsi con l’umidità. Sta di fatto che le condizioni di quest’anno hanno potenziato in misura quasi esplosiva un problema che si stava presentando in modo sempre crescente negli ultimi anni: la proliferazione delle zecche, che ormai sono presenti in massa dal fondovalle (fino ai giardini del centro storico: non serve una selva intricatissima) fino a quote elevate, solo dieci anni fa considerate proibitive per questo parassita “ematofago”: volgarmente, che si nutre di sangue.

Le specie presenti sono decine con la grande suddivisione tra zecche molli (tipico esempio quelle del piccione) e zecche con un corpo chitinoso, e quindi rigido: la più classica zecca dei boschi. Molto diverse a vedersi ed anche nei tempi del loro ciclo vitale, dal punto di vista degli umani hanno comportamenti e rischi molto simili: si attaccano e succhiano il sangue (per giorni le chitinose, meno a lungo le molli ma si parla sempre di ore un pasto) e possono trasmettere infezioni e malattie di diversa gravità. Fino ad arrivare, con l’encefalite da zecca, anche ad esiti potenzialmente mortali.

Detto che le zecche percentualmente infette sono una minima parte delle zecche, e che anche in caso di contatto con una di queste solo una minoranza delle punture porta allo malattia, restano il più serio pericolo per chi frequenta boschi e luoghi all’aperto in generale. Tanto che la campagna di vaccinazione lanciata dalla Azienda Sanitaria malgrado un clima di persistente ignoranza (o sottovalutazione) del fenomeno, ha avuto un successo tale che occorrono mesi di attesa per avere l’appuntamento e la vaccinazione. Che comunque può “coprire” dall’encefalite, ma non dalle più comuni infezioni e sindromi comunque legate alle punture di zecca.

Evitare i luoghi dove è certa la presenza di zecche è praticamente impossibile. Non c’è bosco o prato che ne sia immune. E vale anche per i giardini in città, per le passeggiate lungo il Leno, per gli orti e le campagne. L’invito è a prestare attenzione sia durante le attività all’aperto, usando pantaloni lunghi e scarpe alte durante escursioni e magari cospargendoli di repellente, sia al rientro a casa. Verificando con cura di non averne addosso. Con cura vuol dire con grandissima attenzione, perché se le zecche al terzo stadio, cioè adulte quando compiono l’ultimo pasto di sangue prima di deporre le uova, sono abbastanza grandi da essere notate, quelle al primo e secondo stadio, larve e ninfe, sono molto più piccole. Fino a un millimetro le larve, quando appaiono come un piccolo neo appena rilevato. E anche se trovano più comodo infestare altri animali (uccelli e roditori) anche le larve e le ninfe, se capita, si attaccano anche all’uomo.













Scuola & Ricerca

In primo piano