«Sono stato salvato da persone davvero eccezionali» 

Il ritorno. Mario Armani è guarito e ha lasciato l’ospedale di Arco.  «Non ho dormito per sette giorni, avevo paura di morire»


Sara Bassetti


riva. La voce è ancora stanca, ma la serenità è quella di chi ce l’ha fatta. L’emozione è palpabile, e colpisce al cuore. «Sono tornato a casa in anticipo rispetto a quanto avessi previsto. È stata una sorpresa meravigliosa. Sto benino, ma è già una vittoria». Esordisce così Mario Armani, 70 anni portati splendidamente, notissimo dentista in pensione, una di quelle persone che possono dire di aver vinto una battaglia dura e impietosa. Martedì, dopo un percorso che mai avrebbe immaginato, è tornato tra i suoi affetti, con un sorriso alla vita che è bellissimo, oggi più che mai. Ma il merito non è suo, chiarisce subito, «il personale dell’Ospedale di Arco mi ha salvato». Il suo calvario inizia nei primi giorni di marzo a Madonna di Campiglio, dove Mario e la moglie Rosanna, entrambi conosciutissimi in città, hanno un appartamento. «Siamo entrambi pensionati, amiamo la montagna e da qualche anno passiamo l’inverno nella nostra casa di Campiglio – racconta – abbiamo sciato per qualche giorno quando gli impianti erano ancora aperti, ma mia moglie ha iniziato a non stare bene e siamo tornati a casa». Era l’8 marzo. Rosanna ha un po’ di febbre, ma che passa dopo pochi giorni. Mario, invece, inizia ad avere le prime avvisaglie della malattia, la febbre arriva a 39 e mezzo, e la paura di essere infetto via via diventa una certezza. Alla radiografia al torace segue il tampone positivo. Qualche giorno a casa, poi la corsa in ambulanza in ospedale e la lotta contro il Coronavirus.

«Ero consapevole di cosa mi stesse succedendo, ma non mi sono mai perso d’animo». Mario Armani viene ricoverato in Chirurgia generale, ma dopo due giorni le sue condizioni si complicano; da qui il trasferimento nel reparto di Pneumologia, dove iniziano i nove giorni più lunghi della sua vita. «Avevo paura, ma cercavo di non pensare alla morte. Per sette giorni consecutivi non ho chiuso occhio – racconta - mercoledì mattina, a casa, ho dormito fino alle nove, credo non fosse mai successo prima. In quei giorni mi mancava la mia famiglia, ma non mi sono mai sentito solo: tutto il personale del reparto si è preso cura di me, mi tenevano d’occhio costantemente, li sentivo toccarmi e questo mi tranquillizzava. È difficile rendersene conto dall’esterno – aggiunge – ma medici, infermieri e oss stanno facendo un lavoro straordinario, in condizioni difficilissime, con divise pesanti, maschere che si appannano, dispositivi che di certo non gli facilitano il compito, ma che fanno trapelare un’umanità che resta nel cuore». L’umanità che dà la forza necessaria in questi momenti. «Per loro ero Mario, un uomo con la sua storia. Sentivo di essere in buone mani. Le mani di quelle che sono a loro volta persone con figli e famiglia, e che mettono a rischio la loro vita per la nostra vita. Ne sarò eternamente grato». Mario non riesce a nascondere il groppo alla gola. «Oggi incrocio le dita perché questa malattia è infima, e non posso promettere nulla – conclude dalla sua casa rivana, dove ora è in quarantena fino a quando il tampone non sarà negativo, e dove attende di riabbracciare Rosanna, Matteo e Michele – ma spero che questa storia mi aiuti a seguire le tracce di tutta la gente straordinaria che mi è stata vicina. E ad essere una persona migliore»”.













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