Massimo Fini, l'inviato speciale della filosofia



Ho approfondito il pensiero di Massimo Fini molto tardi, decenni dopo la prima edizione del suo capolavoro La Ragione aveva Torto? Lessi Il Dio Thoth e – anche per deformazione professionale – rimasi folgorato dalla lucidissima visionarietà di quel romanzo. Nacque l'interesse, cominciai a leggerlo sistematicamente sui giornali, a seguirlo in televisione. E la domanda “longanesianamente indecente” che sta al centro della sua opera – si stava meglio quando si stava peggio? – si è fatta piano piano strada tra le mie convinzioni, assieme ad un rifiuto della modernità che però coniugo soprattutto a livello d'interessi artistico-culturali.

Marsilio offre adesso un'ottima occasione per approfondire il pensiero di quello che, nella sua prefazione, Salvatore Veca definisce giustamente inviato speciale (della filosofia), grazie alla pubblicazione de La modernità di un antimoderno – Tutto il pensiero di un ribelle, che riunisce appunto i saggi di Fini, dallo straordinario esordio de La Ragione aveva Torto? a Elogio della guerra, da Il denaro. Sterco del demonio a Il vizio oscuro dell'Occidente. Manifesto dell'Antimodernità, fino a Sudditi. Manifesto contro la Democrazia e Il Ribelle. Dalla A alla Z.

Un ribelle che è solo socialmente, che vive da straniero nella sua comunità, isolato per l'apparente blasfemia delle sue convinzioni - “il modello di sviluppo uscito dalla Rivoluzione industriale non ha aumentato il benessere, la libertà, la democrazia, l'uguaglianza, il sapere, non ha migliorato la nostra vita, ma l'ha disumanizzata” - e vede dietro l'angolo la catastrofe, inevitabile perché l'uomo scende lungo una strada ripidissima in sella alla bicicletta senza freni della tecnologia, “finché a una curva finiremo fuori”. L'uomo “tumore”, del quale la natura prima o poi si libererà.

Ormai sono decine di migliaia le persone che – anche fuori dai confini nazionali – in questi anni, come me, si sono avvicinate al pensiero di Fini. La crisi economica ha dato il colpo di grazia al mito della modernità: Massimo Fini non è più l'unico a pensare che “il futuro orgiastico che ci viene ogni giorno promesso arretra costantemente e inesorabilmente davanti a noi” e che “il paese di Bengodi si è trasformato in un incubo”. Tesi a sostegno delle quali – da bravo inviato speciale – Fini fornisce gli affreschi politico-sociali tratteggiati in quarant'anni di carriera giornalistica.

Massimo Fini
La modernità di un antimoderno
Marsilio, 1088 pagine, 24 euro













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