La morte procurata e l'amore impossibile del poetico Garlini

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Amore e morte, cos’altro? La colpa e l’innocenza: quelle di un tradimento desiderato con forza ma non consumato; e quelle di un’eutanasia, anzi, di una morte procurata per pietà. Temi forti, quelli messi in scena – è proprio il caso di dirlo, vista la professione del protagonista, ma anche la struttura drammaturgica del romanzo – da Alberto Garlini nel suo struggente e poetico Piani di vita.La scena è quella di un condominio di Treviso: Marco deve vendere l’appartamento nel quale ha appunto accompagnato alla morte il padre gravemente malato, colpa che ha cercato di annegare in un mese di bagordi in giro per l’Europa, inutilmente. La vicina di casa è Fatima, che al padre di Marco ha fatto da badante, affezionandosi allo sceneggiatore. Anzi, innamorandosene segretamente, mentre il marito perdeva il lavoro e assieme scoprivano il sospetto ritardo mentale del figlioletto.

Due colpe e un amore impossibile, perché Marco è gay e non ha mai nemmeno immaginato di sfiorare con un dito Fatima. Ma il marito Achmet, che si è bevuto e giocato gli ultimi soldi che gli rimanevano, non ci crede. Anche perché nel ricatto sessuale ai danni del ricco sceneggiatore intravvede la via di uscita dalla sua miserabile situazione economica.

Testimone dello scontro finale tra i due uomini, il cucciolo di tigre scappato da un vicino circo, che ha trovato rifugio nella cantina del condominio, immagine stessa della loro colpa. E della loro innocenza.













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