il caso

Stangata dazi Usa sulla pasta italiana: allarme rosso

La maxi tassa doganale del 107% scatterà il prossimo primo gennaio, a meno che Roma non riesca a convincere il presidente Trump a fare dietrofront. La questione esula dagliu accordi Usa-Ue e il governo Meloni deve occuparsene direttamente, opposizioni all'attacco e intanto la nota azienda La Molisana annuncia che è pronta ad aprire uno stabilimento negli Stati Uniti



"La comunicazione delle ultime ore sull'imposizione dei superdazi al 107% alla nostra pasta italiana è un fulmine a ciel sereno a cui va fatta subito chiarezza e a cui deve far seguito una mediazione da parte delle nostre istituzioni".

Lo ha detto Claudio Costantini, nuovo dg di Sgambaro, azienda della pasta di Castello di Godego (Treviso) coinvolta, insieme ad altri 10 pastifici italiani, nel nuovo contraccolpo arrivato dall'amministrazione Trump.

"Una stangata di queste dimensioni diventa insostenibile e quasi inverosimile - continua - dato che stiamo parlando di un mercato export che vale 700 milioni di euro e che ha già subìto l'accordo sui dazi al 15%. Inoltre, se pensiamo che la nostra categoria pasta lavora già con margini bassissimi, l'impatto porterebbe a inevitabili ripercussioni: vendite bloccate ma soprattutto ingenti volumi di merce da immettere su mercato interno e su quello europeo con conseguente impatto sui prezzi".

Il dg aggiunge anche che il mercato americano, per Sgambaro, pesa meno del 10% di fatturato, che si è chiuso nel 2024 a quota 24 milioni.

"Ciò che ci preoccupa maggiormente è che, per noi, questo mercato rappresenta la priorità numero uno su cui partire a investire nel 2026. Abbiamo messo in programma, proprio dall'anno prossimo, dei piani di sviluppo che prevedono sia l'espansione della struttura organizzativa e commerciale sia del portfolio di prodotti dedicati. Un cambiamento di questa portata - conclude Costantini - ci costringerebbe a ripensare tutto il nostro business plan". 

Intanto, La Molisana, storico pastificio di Campobasso, esportatrice dei propri prodotti in 120 Paesi, è pronta ad aprire uno stabilimento di produzione negli Stati Uniti, ha detto l'ad Giuseppe Ferro questa mattina nel corso di un incontro con i giornalisti nel quale si è parlato dei dazi al 107% imposti da Trump a partire dal 2026.

L'azienda, si è appreso nelle ultime ore, è stata sottoposta ad una nuova procedura di dumping, la terza, mentre una quarta è in arrivo. "Cercheremo di discutere con l'amministrazione americana perché - ha detto Ferro - con dazi al 107% per noi non è possibile lavorare".

La commissione europea ha fatto sapere che, in stretto coordinamento con il governo italiano, sta collaborando con gli Stati Uniti sull'indagine antidumping avviata da Washington per imporre dazi sulla pasa "e interverrà se necessario".

Lo riferisce il portavoce dell'esecutivo Ue responsabile per il Commercio, Olof Gill. "Questa è un'indagine antidumping, pertanto esula dall'ambito della dichiarazione congiunta Ue-Usa" alla base dell'accordo raggiunto sui dazi al 15%. 

Si scatena anche la polemica politica in Italia.

"La resa del governo Meloni ai dazi applicati dall'amministrazione Trump, come era ampiamente prevedibile, sta danneggiando il sistema produttivo del nostro Paese, come si è visto con il dato delle esportazioni verso gli Stati Uniti crollate del 21% ad agosto. Ai dazi al 15% con l'UE, Trump aggiunge la minaccia di dazi del 107% dal 2026 sulle esportazioni di pasta italiana verso gli Stati uniti, un altro pezzo fondamentale del made in Italy che rischia di essere duramente colpito", dichiara la segretaria del Pd Elly Schlein.

"È evidente l'obiettivo di Trump di spingere alla delocalizzazione le nostre produzioni, come annunciato oggi da La Molisana con la disponibilità ad aprire uno stabilimento negli Usa. Questo determinerà un ulteriore impoverimento industriale per il nostro Paese e gravi rischi occupazionali.

Chissà se anche stavolta Meloni sceglierà il silenzio di fronte al ricatto di Trump verso le nostre imprese per spostarle negli Usa. Insomma un'altra prova del finto patriottismo del governo Meloni, che anziché difendere gli interessi industriali e occupazionali italiani preferisce difendere le sue amicizie politiche e ideologiche. E dopo aver minimizzato e sottovalutato per mesi gli effetti dei dazi americani il governo Meloni ad oggi non ha ancora proposto alcuna misura per sostenere la domanda interna e le imprese. Si diano una mossa".   

"La qualità della pasta italiana non è dumping. Abbiamo contestato con l'ambasciata a Washington e insieme ai pastai italiani le scelte del Dipartimento del Commercio che penalizzano il prodotto italiano", scrive il ministro degli Esteri Antonio Tajani. "Alla Farnesina la task force dazi sta già lavorando per coordinare il negoziato con le autorità americane - aggiunge - Continuerò a contrastare l'italian sounding per bloccare i finti prodotti italiani. Difendiamo il Made in Italy: l'industria italiana agisce in maniera corretta, trasparente e leale".

Si alza anche la voce dei consumatori: "L'Italia non è solo il primo paese produttore ed esportatore della pasta, ma è anche la nazione che ne fa il consumo più elevato, e qualsiasi tassazione di tale bene alimentare avrebbe effetti a cascata sul settore", afferma il Codacons, che snocciola alcuni numeri relativi al comparto.

"In base agli ultimi dati Istat, sul fronte della spesa per la voce pasta e prodotti a base di pasta gli italiani spendono in media 153 euro annui a famiglia. Un conto che tuttavia potrebbe salire nel caso di imposizione di dazi americani al 107% sulla pasta italiana, poiché tale tassazione produrrebbe un effetto domino sul comparto che si farebbe sentire anche sui prezzi al dettaglio praticati in Italia".

"In Italia il consumo pro capite di pasta si attesta a 23,3 kg annui: gli italiani prediligono di gran lunga la pasta secca, che detiene una quota di mercato pari al 75%, seguita dalla fresca (15%) e da quella ripiena (10%). Tra i Paesi con maggior consumo di pasta figurano la Tunisia, al secondo posto con 17 kg, il Venezuela (15 kg) e la Grecia (12,2 kg)", ricorda il Codacons.

"Gli americani consumano circa 9 kg di pasta all'anno a persona, circa il doppio rispetto agli anni '80, rendendo la pasta il sesto alimento più consumato nel paese, con importazioni totali che valgono 1,6 miliardi di dollari l'anno, di cui 671 milioni di euro solo dall'Italia.

Negli Stati Uniti la pasta italiana delle marche più note viene venduta a prezzi che oscillano dai 3,5 ai 10 euro al chilo, a seconda del canale di vendita", prosegue l'associazione dei consumatori. 













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