Turismo: borghi sardi risorsa ma non ancora prodotto



OLBIA -“Oggi i borghi in Sardegna sono una risorsa turistica, ma non un prodotto, per diventare tale il processo è ancora lungo”. La provocazione parte dal cuore dell’isola. Tiziana Tirelli, esperta di turismo sostenibile che si è occupata di progetti comunitari in Italia e all’estero e ha contribuito a far emergere destinazioni turistiche oggi di successo, lo dice a chiare lettere. “Per diventare un prodotto turistico, i borghi autentici della Sardegna devono creare servizi nuovi, che generino marginalità – spiega – se non creiamo una catena del valore dei servizi, attraverso la professionalizzazione di tutta la filiera, non si riuscirà nell’intento di attirare le persone e convincerle a spendere nel territorio”.Nel 2016 la Sardegna è stata la regione d’Italia con il più alto tasso di incremento per questo segmento turistico, ma all’aumento dell’8,8% ha contribuito in maniera consistente il turismo interno: il 7% dei visitatori in più registrati nei borghi dell’isola erano sardi. Per restare a qualche dato che può aiutare la riflessione generale, Tiziana Tirelli fa alcune altre osservazioni. “Su cinquanta agenzie di viaggio intervistate in Sardegna, solo undici conosco il concetto di borgo – afferma ancora – il 39% dei Comuni sono conosciuti per altro, dalle spiagge agli eventi, ma non come borghi o come destinazioni di turismo esperienziale”. E ancora. “I turisti stranieri, per i quali il concetto di borgo ha una connotazione più precisa – prosegue – lo riferiscono a Umbria e Toscana, ma non alla Sardegna”. Insomma, la trasformazione in prodotto turistico, conclude l’esperta, “passa dalla messa a sistema dei servizi e delle esperienze offerte in modo professionale e non sporadico”.Tiziana Tirelli ha partecipato questa mattina al focus d’apertura della seconda giornata di formazione professionale del primo dei sette appuntamenti di “Sardinia Tourism Call2Action”, l’innovativo piano di incontri di approfondimento professionale e di confronto per gli operatori turistici e gli amministratori locali elaborato e proposto da Geasar, la società di gestione dell’aeroporto di Olbia, col sostegno dell’assessorato regionale del Turismo, che l’ha inserito nel Piano di promozione e comunicazione da veicolare attraverso il sistema aeroportuale sardo. Il confronto riservato a operatori, addetti ai lavori e amministratori locali e ospitato nel centro congressi Mbc dell’aeroporto “Olbia – Costa Smeralda”, è dedicato in particolare ai borghi autentici e al turismo rurale, tema di cui oggi è tornato a parlare Josep Ejarque, esperto di destination management e di destination marketing, socio unico e azionista di FourTourism. “A Venezia, Firenze e Roma si va per vedere, nei borghi si va per fare”, è la sua indicazione. “Il turista che visita i borghi vuole fare esperienza, vuole integrarsi con la comunità, vuole testare le abitudini locali e scoprire il territorio – prosegue – ecco perché il borgo per il mercato turistico può rappresentare una scoperta, una meta turistica o una destinazione”.L’invito di Ejarque, proprio come ieri, è a evitare di guardare al mercato con la propria prospettiva. “Bisogna mettersi nei panni del turista – dice – capire cosa vuole e cercare di darglielo”. Perché “i borghi sono un prodotto turistico a se stante, non è un’alternativa al turismo balneare”. È un prodotto diverso per un turista diverso. “Oggi il turista, non vuole vedere, vuole fare esperienza – dice Ejarque – non vuole andare a vedere il territorio, ma vuole essere il vero protagonista di una vacanza che significa disconnettersi, staccare dalla quotidianità, fare esperienza altrove con i propri cari”.Per Emma Taveri di Destination Makers, esperta di innovazione sociale, turismo e dinamiche territoriali, con esperienza decennale per le principali realtà del travel, “le destinazioni minori possono intercettare i flussi turistici attraverso esperienze che consentano di valorizzare tutto ciò che si può vivere nel territorio, che sia fruibile dal turista internazionale”. Per arrivare a quel traguardo si deve partire dall’analisi. Così si scopre per prima cosa che “spesso i tour non sono organizzati dal punto di vista del turista, che oggi opera in autonomia e online”, spiega l’esperta. “La domanda che devono intercettare i borghi non è semplice, non è massificata, ma è sempre più targettizzata e online racconta le proprie esperienze – prosegue – per smettere di guardarsi solo dal proprio punto di vista è importante guardare a quel che si dice online su di noi”. Così il territorio diventa un prodotto perché non è più uno scenario, ma l’opportunità di “puntare sull’unicità e fornire un’offerta adatta a un mercato sempre più interessato a destinazioni minori”. 









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