La dinastia Moser famiglia del pedale da due generazioni

Da Francesco ad Ignazio, passando per Gibo Simoni: una vera super-dinastia


Luca Franchini


TRENTO. Il passato parla di Aldo, Enzo, Diego e del campionissimo Francesco, fresco di festeggiamenti per i 60 anni domenica scorsa.  Il presente di Moreno ed Ignazio, nuovi e robusti rami del ricco albero genealogico della famiglia Moser ed anch'essi vicini a coronare il sogno del professionismo, quello che ha fatto grande il nome dei loro padri e zii.

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Per Moreno - recente protagonista al GiroBio con due vittorie di tappa, due secondi posti e la maglia di leader della classifica a punti - è ormai cosa fatta, in ballottaggio tra Liquigas e il britannico Team Sky, mentre Ignazio, al primo anno da under 23, ha fatto subito vedere di avere forza e talento (al successo in marzo alla Piccola Agostoni, ora momentaneamente fermo per la maturità scolastica) ed è già nel mirino di uno dei "top team" a livello mondiale, la Bmc Racing del campione del mondo Cadel Evans. Forse è ancora troppo presto per il passaggio ed è bene procedere per gradi, ma le potenzialità certo non mancano al giovane figlio del "Checco".

Ecco, in sintesi, la carta d'identità della famiglia Moser, tutta stretta attorno alle due ruote, nata e cresciuta in val di Cembra, a Palù, una delle otto frazioni del Comune di Giovo. Frazione che è divenuta, dall'alto dei suoi 550 abitanti, la capitale mondiale del ciclismo. Il rapporto "campioni delle due ruote-abitanti" è impressionante, meritevole di approfondito studio. Basti pensare che la "frazioncina" cembrana, ad oggi, può annoverare lo straordinario palmares di tre Giri d'Italia vinti (due da Simoni ed uno da Moser) e di ben 81 maglie rosa conquistate, tra Aldo, Enzo e Francesco Moser, per chiudere con Gilberto Simoni.

Non va dimenticato, infatti, che nel prosperoso albero genealogico dei Moser, rientra (seppur dalla porta di servizio) anche il due volte vincitore del Giro d'Italia Gibo Simoni, cugino di secondo grado di Francesco, Aldo e Diego: il papà del "Gibo" era cugino di Cecilia Simoni, la madre dei Moser, ricordando pure che Gilberto ha sposato Arianna, figlia di Anna, una delle sorelle del "Checco". E l'impressione è quella che il già ricco alberto possa infoltirsi ulteriormente.

Da Aldo a Moreno. A lanciare il cognome Moser nel firmamento del ciclismo nazionale e mondiale è stato Aldo, dodici successi in carriera e quattro volte azzurro ai Mondiali su strada, con quindici partecipazioni al Giro d'Italia, un quinto nel 1956 e due volte in maglia rosa, ricordando anche il terzo posto al Tour de Suisse nel 1962. Poi è stata la volta del compianto Enzo (una vittoria da pro al Giro del Trentino e due giorni in maglia Rosa, senza dimenticare la carriera da direttore sportivo) e di Diego (4 stagioni da professionista), a precedere la gloriosa esplosione del fenomeno "Checco", il corridore italiano più vittorioso di tutti i tempi con le sue 273 vittorie, tra le quali due titoli iridati (strada e inseguimento su pista), le tre Parigi-Roubaix consecutive, una Milano-Sanremo, un Giro d'Italia e 57 giorni in maglia rosa.  Ora tocca ai figli d'arte, Moreno ed Ignazio, pronti a dare nuova linfa a quell'albero che affonda le proprie radici a Palù di Giovo. La piccola, grande capitale delle due ruote: un paesotto conosciuto in tutto il mondo, destinato a far ancora parlare di sé.

Visto da Nino Marconi. Li ha seguiti e visti crecere tutti i Moser. Storico meccanico di Francesco, "padrino" di Gilberto Simoni, così come dei più giovani Moreno ed Ignazio, maturati nel vivaio della Montecorona e sotto i consigli di Nino. «È difficile lanciarsi in improbabili paragoni tra padri e figli, zii e nipoti - spiega Marconi -. I tempi sono cambiati, il cicilismo pure».

Ma chi i campioni li ha visti ed aiutati a crescere e maturare può sicuramente dire se ci sia o meno materia prima su cui lavorare e costruire il futuro della "moseriana" stirpe delle due ruote. «Moreno ed Ignazio hanno sempre dimostrato di avere doti - continua Nino -. Ignazio è al primo anno da dilettante, ha già vinto nella stagione d'esordio ed ha grandi margini. Per quanto riguarda Moreno, invece, ha dimostrato quello che poteva e doveva dimostrare. È forte su tutti i terreni e nella prima parte della stagione in corso ha fatto molto per meritare il passaggio al professionismo. Non è una scoperta, è sempre stato stato forte: il fatto è che, negli ultimi tre o quattro mesi, ne ha preso coscienza pure lui. È sempre stata la mia rabbia, ma giustamente era una convinzione che doveva maturare da solo. La chiave del suo recente successo è semplicemente questa. Le sue vittorie, fin da allievo e juniores, sono sempre arrivate contro corridori di prima fascia ed i risultati se li è sempre conquistati sulla strada. Per quello che gli ho visto fare a Moreno, penso possa avere davanti una buona, buonissima carriera. Le doti necessarie ci sono, si tratta di farle fruttare, come sta facendo ora».

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