Un urlo squarcia il buio e illumina il silenzio. Poi un altro che riempie il vuoto

L'incubo della mia voce

Ride, piange: rieccheggia nella testa piena di domande


Mattia Zadra


Una voce. Una voce che ride.

Una voce che piange. Rotta da singhiozzi irregolari, di natura incomprensibile.

Sdraiato nella stanza accanto cerco di muovermi, ma i miei arti atrofizzati, assopiti, mi domandano "Perché?". "Perché?"

La voce continua, mi riecheggia nella testa riempiendola di domande. In quei brevi ed interminabili silenzi tra un respiro e l'altro nasce una domanda e muoiono migliaia di risposte. Muovo il braccio. "Perché?" Muovo la gamba.

"Perché?" Cerco di scender dal letto per seguire quella voce che intanto cresce di volume, ma forse sono le mie orecchie ad esser più piccole.

Sto scendendo dal materasso e mi domando "Perché?".

La voce singhiozza frenetica, invasa dalla passione di un momento che sembra non finire. La porta ormai è vicina, riesco quasi ad afferrarne la maniglia d'ottone.

Nell'istante in cui la stringo ecco un urlo, che squarcia il buio ed illumina il silenzio. Nessun rumore esiste più attorno a me, ma forse sono io ad esser diventato sordo. Trattengo il respiro ed apro la porta con un colpo secco, che però non ha suono.

Davanti a me un corridoio.

Nessuna voce. Nessuna porta. Un altro urlo riempie il vuoto in cui mi trovo. Quell'urlo è il mio, ed è in quel momento che realizzo di non esser mai esistito.













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