L’ingresso di cdp 

Tim, Calenda: «È supporto  a public company non statalismo»

MILANO. L'ingresso di Cdp in Tim non è una nazionalizzazione. Il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda interviene con un tweet a far pace tra liberisti e sovranisti che provano a dare una...



MILANO. L'ingresso di Cdp in Tim non è una nazionalizzazione. Il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda interviene con un tweet a far pace tra liberisti e sovranisti che provano a dare una lettura politica alle mosse del braccio finanziario del Tesoro. «Non stiamo mettendo lo Stato da nessuna parte ma supportando un progetto che prevede una pubblic company, sogno proibito di ogni liberista ben educato». Ma non basta, «una decisione interventista che ribalta in poche ore una linea politica ventennale merita una spiegazione articolata. Nel metodo, oltre che nel merito» osserva il professore della Bocconi Carlo Alberto Carnevale Maffè e alla richiesta di maggiore chiarezza, Calenda promette a breve un intervento più “istituzionale”. In questo polverone intanto Amos Genish prosegue il suo roadshow per convincere gli investitori istituzionali della bontà del suo piano in vista dell'assemblea del 24 aprile e prima che i proxy advisor diano le loro indicazioni di voto. Non c'è un aggiornamento di piano per fronteggiare le proposte del fondo Elliott e gli advisor (Unicredit, Credit Suisse e Goldman Sachs) sono i consulenti finanziari di sempre nell'ambito delle strategie. Tornando alla politica «nessuno difende le partecipazioni statali, Cdp non sta assumendo il controllo di Tim - spiega Calenda ai suoi follower di twitter - Ma Tim possiede un asset di interesse pubblico, la rete, ed è giusto presidiare perché le ultime proprietà non sono state precisamente impeccabili. Da qui allo statalismo ce ne passa». Più cauto ma sempre preoccupato è l'ex commissario alla Spending Review, Carlo Cottarelli: «Ho in generale una preoccupazione, maturata negli ultimi anni, che si ricreino le partecipazioni statali».













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