Le vibrazioni ci daranno un futuro più biologico 

Il convegno internazionale di Biotremologia che si chiude a Riva mostra  quant’è all’avanguardia Fem in un settore decisivo in agricoltura (e non solo) 


di Elisabetta Curzel


RIVA DEL GARDA. Il nostro è un universo che vibra. L’essere umano nemmeno se ne accorge, eppure molte specie animali, di taglie assai diverse, trovano nelle vibrazioni un metodo ottimale per comunicare. È questo l’argomento di Biotremology 2018, convegno internazionale organizzato dalla Fondazione Edmund Mach che dopo tre giorni di simposio saluta oggi i settanta ricercatori del settore giunti da ogni angolo del globo per fare il punto della situazione.

Considerata per lungo tempo una sorella minore della bioacustica, la biotremologia vive attualmente un periodo di grande vivacità. Ricerche condotte su animali tra i più vari hanno dimostrato che produrre e recepire vibrazioni è in realtà un linguaggio piuttosto diffuso. Vibrano certi insetti per richiamare il partner; vibrano gli elefanti, che assestando zampate sul terreno riescono ad avvertire i componenti del proprio gruppo, a chilometri di distanza, della presenza di eventuali pericoli. Persino lo zampettare di certi uccelli sui rami è un messaggio complementare al canto.

Chi osserva tale movimento (zampa su, zampa giù) leggendolo come goffa tenerezza sta sbagliando canale.

L’idea che alcuni animali emettano vibrazioni non è nuova. Concepire queste come mezzo di comunicazione è una faccenda più recente. Quando nel 1949 Frei Ossiannilsen, entomologo svedese, propose l’ipotesi che gli insetti utilizzassero le foglie per propagare le proprie vibrazioni e far giungere così a destinazione un messaggio venne guardato con diffidenza. Com’era possibile che battendo ritmicamente una zampa o strofinando le ali riuscissero a “parlare” con chi stava sulla foglia al piano di sopra, come vicini in un condominio? Che sorta di alfabeto morse poteva mai essere, e soprattutto: cosa si stavano raccontando?

La Fondazione Mach, leader mondiale in questo settore, dedica da anni la propria attenzione a trovare risposte a domande come questa. Valerio Mazzoni, responsabile della sezione di entomologia agraria, studia insetti dannosi per i raccolti, come lo Scaphoideus titanus, la cicalina delle viti. Nel laboratorio di bioacustica – un piccolo studio insonorizzato, dotato di strumenti capaci di rilevare suoni impercettibili all’orecchio umano – posiziona insetti su una piantina, poi ne registra le vibrazioni.

Sullo schermo del computer collegato alle apparecchiature le onde sonore formano schemi ricorrenti: questa significa che l’insetto vuole accoppiarsi; quest’altra che sta litigando con il rivale. Pare di assistere Champollion alle prese con la Stele di Rosetta: ma qui, invece dei geroglifici, si tratta di comprendere segnali ancora in gran parte misteriosi.

Roba da scienziati? Niente affatto. Le ricadute degli studi di Mazzoni sono di interesse per l’intera società, perché rientrano nell’ambito di ciò che viene definito “confusione sessuale” degli insetti, uno dei metodi alternativi all’utilizzo di pesticidi in agricoltura.

Comprendere quali vibrazioni emette un insetto quando vuole accoppiarsi permette di interferire con la comunicazione stessa: e se non c’è accoppiamento, non c’è nemmeno futura prole. Gli esperimenti sul campo svolti sinora hanno prodotto risultati promettenti. A una vasta porzione di vitigni, a San Michele, è stato applicato uno shaker (una scatoletta che emette vibrazioni) alimentato da un piccolo pannello solare. Lo shaker, collegato a sua volta con fili che trasmettono le vibrazioni lungo l’intero filare, porta il messaggio di disturbo di foglia in foglia.

Ad oggi si è potuto ridurre la popolazione delle cicaline del 50%. La tecnologia è sperimentale, i costi sono assai ridotti, i vantaggi sono enormi: l’utilizzo dei fitofarmaci utilizzati per combattere questi parassiti è stato ampiamente ridotto.













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