Doc delle Venezie, arriva il momento della verità 

Primo bilancio del colosso da 20 mila ettari di Pinot Grigio fra Trentino, Veneto e Friuli Il presidente Armani: «Chi ci critica per la qualità non sa quanti controlli facciamo»


di Gianpaolo Tessari


TRENTO. Una potenza in termini numerici: 20 mila ettari di vigneto suddivisi tra Veneto, Friuli e Trentino. È la Super Doc Pinot Grigio delle Venezie: ha appena compiuto un anno di operatività e,al Vinitaly che si apre domenica a Verona, avrà un vero e proprio test sul campo della propria qualità. Di questo, e delle critiche ad un gigante dell’enologia italiana, parliamo con Albino Armani, imprenditore di origine trentine con interessi in tutto il Nord-Est, presidente della Doc.

Armani come sta la Doc delle delle Venezie?

«I numeri delle certificazioni sono positivi. La risposta è stata commercialmente buona nonostante la convivenza con l’Igt. Noi al momento stiamo gestendo due denominazioni: la vecchia Igt Pinot Grigio delle Venezie è ancora in auge e può essere imbottigliata sino al 31 luglio. Quindi c’è una convivenza. Le aziende cercano di passare il più velocemente possibile, specie i grandi gruppi, alla Doc e le certificazioni vanno a buon ritmo».

La voce che la Doc lavora per la quantità, con meno attenzione alla qualità, è reale?

«Obiettivamente è un brutto modo per gestire una grande opportunità. E’ un classico andare a cercare polemiche, per di più abbastanza sterili. Se dovessimo andare impietosamente a mettere assieme i dati, si otterrebbe un’evidenza: chiunque avanzi queste ipotesi alla fine può produrre tanto quanto la Doc delle Venezie, se non di più. A chiunque porti avanti questa critica io dovrei replicare con le cifre: chi utilizza la Doc Trentino, la Doc Val d’Adige, o la Igt delle Dolomiti, viaggia sui cifre superiori. Se si parla di produzione massima consentita. Si parla di produzioni massime ottenibili, chi vuole stare sotto è libero di farlo. Non è tutto».

Dica pure.

«Altro aspetto su queste osservazioni: perché quando c’era la vecchia Igt delle Venezie a 190 quintali per ettaro ed 80% di resa andava bene per tutti? Oggi che abbiamo diminuito di 26 ettolitri per ettaro sembra ancora alta? Noi con il Pinot Grigio siamo su cifre che hanno le altre denominazioni. Il discorso qualitativo passa attraverso parametri diversi».

Ci spiega quali?

Lo vedrete anche al Vinitaly. Tutto il prodotto delle Doc del Triveneto, finalmente (tranne l’Igt delle Dolomiti) è soggetto ad un controllo organolettico. Prima non era così. Oggi abbiamo una griglia delle nuova denominazione che è molto stretta. Se non passi le commissioni di degustazione (come stanno facendo molti campioni) il vino diventa “bianco da tavola”. Prima con l’Igt questo controllo non c’era. Il rischio è grande».

In che senso presidente?

«Le commissioni sono toste. C’è la volontà di una filiera enorme che da Trieste arriva fino a Trento, passando dal Veneto, ha deciso di farsi misurare».

La battaglia dei dazi Usa-Cina la preoccupa?

«E’ un problema che riguarda tutto l’agroalimentare. Se vogliamo qualche difficoltà l’abbiamo anche con il mercato della Gran Bretagna. Si è voluto alzare il livello dell’attenzione ma non tanto parlando agli Stati Uniti (che non ci ascolterebbero) ma al nostro ministero: sia per non abbassare la guardia che per assicurarsi che i 20 milioni di euro stanziati per promuovere il nostro vino negli Usa vengano utilizzati in modo consono. Questa promozione, importantissima, verrà fatta nel giro di due anni. E’ una forma di tutela che serve, e servirà, se ci dovessero essere delle forme di dazi e di restrizioni nei confronti del nostro prodotto. Avremo un’offerta di promozione per controbilanciare azioni ostili in quello che è il nostro mercato più importante. Negli Stati Uniti abbiamo un terzo del nostro commercializzato».













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