Al Sait 200 in sciopero e oggi si replica 

Momenti di tensione in via Innsbruck e alla Coop di Cristo re per una battuta infelice di un addetto che era al lavoro


di Ubaldo Cordellini


TRENTO. Hanno incrociato le braccia in molti al Sait, ieri per tutta la giornata per protestare contro la disdetta del contratto integrativo. L’azienda dice che hanno aderito allo sciopero 160 dipendenti e che sono rimasti chiusi 7 dei 19 negozi gestiti direttamente dal Consorzio in tutto il Trentino. I sindacati parlano di numeri superiori: «Saranno stati anche più di duecento, già al presidio davanti al Sait in via Innsbruck e poi molta altra gente è rimasta a casa», dicono in corso Roland Caramelle, Lamberto Avanzo e Vassilios Bassios di Cgil, Cisl e Uil, le re sigle sindacali che hanno ritrovato l’unità nella battaglia per l’integrativo.

Ieri mattina alle 9 era previsto il secondo incontro della vertenza che si era aperta dopo la disdetta dell’accordo di secondo livello. Ma il sindacato aveva già proclamato lo sciopero al grido: «La coop non sei più tu». Uno sciopero con picchetto a partire dalle 8 del mattino davanti al sede del Sait. C’era tanta gente, tanti lavoratori e ci sono stati anche momenti di tensione con alcuni camionisti che volevano scaricare. Poi i rappresentanti sindacali sono usciti dal vertice con un pugno di mosche in mano: «Hanno cambiato solo qualche virgola, la loro proposta è rimasta la stessa e per noi è inaccettabile», tuonava Caramelle davanti ai dipendenti inbufaliti. Avanzo rincarava la dose: «Vogliono sostituire tutte le parti fisse dell’integrativo con premi legati a risultati che sono quasi impossibili da raggiungere. Ma così buttano all’aria un contratto che affonda le radici a partire dagli anni ’40». Bassios entra nel dettaglio: «C’è una stretta su tutto. I lavoratori saranno obbligati a lavorare almeno 25 domeniche all’anno, ma con una paga inferiore, visto che la maggiorazione domenicale passa dal 75 al 50%. E poi hanno smontato il vecchio premio legando l’integrativo a obiettivi che non dipendono dal lavoro del singolo lavoratore. Ad esempio si lega il premio al mantenimento dei volumi di fatturato di sistema che vuol dire Famiglie cooperative e rete diretta Sait. Come può un singolo dipendente influire su un valore così grande? E se un’altra catena apre un negozio nuovo e cala il fatturato paga il lavoratore?». Tutti interrogativi caduti nel vuoto. Tanto che sindacati e lavoratori insieme hanno immediatamente deciso una nuova giornata di sciopero per oggi. Poi si sono spostati davanti alla Coop di piazza General Cantore, uno dei pochi negozi aperti a Trento, visto che sono rimasti chiusi i negozi di piazza Lodron, Madonna Bianca e Ravina, mentre a Rovereto è rimasto aperto solo il negozio di viale Trento, mentre quelli di Largo Nazario Sauro di via Mazzini erano chiusi. Un centinaio di lavoratori si sono sistemati davanti al negozio di Cristo Re per cercare di dissuadere i clienti dall’entrare, m con toni comunque civili. A tratti, però, scoppiava qualche battibecco con il capoarea inviato dal Sait a controllare o con altri funzionari. Alcuni manifestanti hanno anche sentito dire da un funzionario: «Ma sì, licenziatevi pure che assumiamo tutti pakistani». Ne è nato un piccolo tumulto, ma il funzionario ha negato di aver mai detto quella frase. Tensioni che si accendevano e si spegnavano fino alle due del pomeriggio. In molti notavano l’assenza della politica con il solo Filippo Degasperi a portare la solidarietà di persona, mentre Mirko Bisesti nel pomeriggio ha inviato una nota promettendo di darsi da fare e stigmatizzando la frase sui pakistani.

Dal canto suo, l’azienda, per bocca del suo presidente Renato Dalpalù nega di aver dato qualsiasi aut aut: «Il nostro non è un prendere o lasciare. Come in qualsiasi trattativa si parte da una posizione per arrivare a una sintesi. Noi siamo disponibili a trattare. Quello che abbiamo detto fin dall’inizio, però, è che non si possono più avere parti fisse nell’integrativo. Tutto il mondo della grande distribuzione va verso la produttività. Il consumatore ci giudica per il servizio, la qualità e il prezzo che offriamo e dobbiamo essere efficienti e produttivi. Del resto i sindacati hanno firmato accordi con le altre catene che vanno in questa direzione perché non con noi?. Comunque abbiamo spiegato che, grazie al welfare aziendale, alla fine il premio sarà anche più alto perché su alcune voci non si pagano le tasse».













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