Scoprire le emozioni L’arte introspettiva è la nuova frontiera

di Carmine Ragozzino Paura del nuovo, inquietudini di fronte al rischio del giudizio altrui, disagio rispetto all’ambiente e alle situazioni che capita di vivere. Non sono malattie. Ma sono guai...


di Carmine Ragozzino


di Carmine Ragozzino

Paura del nuovo, inquietudini di fronte al rischio del giudizio altrui, disagio rispetto all’ambiente e alle situazioni che capita di vivere. Non sono malattie. Ma sono guai piuttosto comuni. Epperò potrebbero diventare patologie se questi malesseri si esasperassero ed entrassero in un tunnel dalla complicata via d’uscita. L’arte può venire in aiuto. Un aiuto inconscio, vissuto diversamente da persona a persona.

L’arte – quando è “arte introspettiva” – può essere un rimedio. Così come “introspettiva” può essere la psicologia. Il connubio tra arte e psicologia può illuminare la strada per riconoscere e semmai socializzare le “emozioni negative”. E’ una prima tappa per combatterle.

Alla pratica introspettiva si dedicano in Trentino una psicologa dal ricco curriculum – Antonella Giannini, studio a Zambana – e una pittrice arcense tornata in patria dopo peregrinazioni estere, Aurora Mazzoldi.

Il duo è affiatato. Viaggia per convegni e incontri in tutta Italia. Perora tra parole e dimostrazioni pratiche interattive la causa di un’arte al servizio della “terapia”. Una terapia che non ha la presunzione di curare disturbi “radicati” – questi richiedono diversi trattamenti – ma che vanta la certezza di poter essere un toccasana mentale (e di conserva sociale) per i piccoli-grandi traumi del quotidiano. Un quotidiano che nella finta e beffarda “compagnia” dei social network lascia intatte troppe solitudini.

Deve essere davvero intrigante la sfida della psicologa e dell’artista. A Pergine – dove il duo ha avviato un “laboratorio” , i promotori hanno dovuto cercare una sala più capiente per il secondo appuntamento dei tre in programma. Questa sera si andrà dalla biblioteca all’auditorium delle scuole don Milani.

«Sì – spiega Antonella Giannini – perché avevamo previsto un massimo di 50 persone, ma dopo la prima serata la richiesta è quasi raddoppiata. Quindi…».

Quindi la proposta incuriosisce e mobilita: soprattutto donne, (le più recettive e le più disinibite, fa presente la psicologa), ma non solo. Gente tra i 45 e i 55 anni che compone una popolazione forse nemmeno complessata ma che tuttavia cerca volontà il modo di confrontare le proprie sensazioni, anche le più spiacevoli, con teorie che tengono in equilibro la scientificità e l’empiricità del coinvolgimento emotivo.

Ma che proposta? Il rapporto arte – psicologia, e viceversa, non è poi una novità assoluta.

«Vero – dice ancora Antonella Giannini – ma qui alcune ritualità si invertono. Io ed Aurora non facciamo arte - terapia classica, non chiediamo di tradurre in segni o in colori il sentire di chi abbiamo di fronte. Io uso le opere di Aurora come strumento di cura. Uso un prodotto finito per stimolare ognuno a riconoscere attraverso l’osservazione silenziosa di un quadro i propri stati emotivi scomodi».

Utilizzando la pittura introspettiva di Aurora Mazzoldi e la Metamusic, una gamma particolare di suoni, si mettono in moto importanti processi emozionali.

Insomma, capita quello che la Giannini ha più volte definito come un “aggancio” utile alla psicologia per proseguire in un percorso di sostegno che poi mette poi in campo le “tecniche” più adatte. Messa così la cosa potrebbe anche essere equivocata: una psicologa e un’artista, insieme, potrebbero anche cercare – ognuna per proprio conto – di fare “commercio”. Ma Aurora Mazzoldi non vende i suoi quadri. Li crea per se stessa – ha più volte spiegato nei convegni e negli incontri – per mettere su tela una serie infinita di simboli che “come un filo di Arianna conducono lo spettatore attento nel labirinto delle proprie emozioni”. Un incontro pubblico non può ovviamente essere come una “seduta”.

Le resistenze del pubblico a liberarsi nell’illustrare quel che si prova di fronte ai quadri sono tante. «Ma a noi importa – continua la psicologa – che ognuno si porti a casa qualcosa su cui elaborare singolarmente o collettivamente.

Anche se per la verità dopo la prima serata a Pergine c’è chi mi ha fermato per raccontarmi ciò che aveva provato, quali erano i simboli utili introitati dopo la visione dei quadri, quali i disagi riconosciuti».

I quadri di Aurora Mazzoldi nascono dal continuo guardarsi dentro dell’autrice, dai suoi rapporti e dalle sue esperienze, da un’esplorazione interiore che si traduce in lavori che pur essendo figurativi offrono aspetti in diretto contatto – così dice lei – con la psiche.

La Mazzoldi cerca di raccontare sulla tela – come fossero storie – strati profondi dell’interiorità, attraverso precise e riconoscibili simbologie.

La pittrice sottolinea di non dipingere persone o scene di tutti i giorni. Rappresenta giochi, ruoli, atteggiamenti, meccanismi che agiscono in ognuno e svelano come ognuno ha organizzato la propria vita attraverso le proprie scelte.

Quadri che hanno la chiave di lettura in titoli che “non girano attorno”, che vanno diretti all’argomento e alla situazione: depressione, sulle ali dell’entusiasmo, giochi di forze, eccetera. Titoli che sottintendono una filosofia che è anche il “là” all’opera psicologica della Giannini: “Ogni situazione in cui ci si viene a trovare è frutto di nostre decisioni o scelte. Averne consapevolezza è un passo per le soluzioni”.

L’arte introspettiva si adopererebbe dunque per illustrare situazioni riconoscibili lasciando ad ognuno la libertà di specchiarvisi. Il senso dei laboratori interattivi che a Pergine stanno facendo “bingo” è far capire che le emozioni fanno parte dell’umano e vanno accettate senza i filtri razionali che l’arte e la psicologia introspettiva provano a trasformare in consapevolezza e disinibizione. Sarà vero?

Il successo del laboratorio nato dal rodato feeling tra pittrice e psicologa sembra una affollata, inedita e curiosa “testimonianza a favore”. E chissà che davvero un quadro terapeutico abbia più potere ed efficacia del classico “lettino”che permette di sfogare emozioni a pagamento ma non di confrontarle con quelle di chi, casualmente, ti sta vicino in una pubblica serata.

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