“Robinson”, i naufraghi sul palco del Melotti 

Domani Il lavoro di Michele Di Stefano sulle musiche di Lorenzo Bianchi Hoesch Al Mart l’apertivo “InDanza” con la performance dal titolo “Bloom”



ROVERETO. Con uno spettacolo che si ispira al personaggio di Robinson Crusoè, o meglio al suo compagno di avventure Venerdì, fa tappa a Rovereto “Robinson” spettacolo di danza di Michele Di Stefano considerato uno fra i protagonisti più influenti della scena contemporanea, forte del Leone d’Argento vinto alla Biennale di Venezia nel 2014. L’appuntamento si iscrive all’interno della Stagione InDanza/Rovereto, organizzata dal Centro Culturale Santa Chiara che prosegue domani sera, venerdì 18 gennaio, in Auditorium Melotti ore 21. Lo spettacolo sarà preceduto dall’ appuntamento con il ciclo degli Aperitivi inDanza. Alle ore 20 il Mart, Museo di arte moderna di Rovereto, apre le porte alla performance “Bloom” nata da un’idea di Davide Valrosso su musiche di Ryoji Ikeda, Headphonics, di cui Valrosso è anche l’interprete. La produzione nasce in collaborazione con il CID, Centro Internazionale della Danza di Rovereto ed abiterà le sale del Mart in un incontro informale ed originale. «Il corpo dell’epoca della fluidità e dell’interconnessione, rappresenta il baluardo attraverso il quale ritrovare noi stessi – spiega Valrosso circa la sua idea coreografica specifica - Simbolo del passato, ma anche soggetto attivo che lancia un grido potente verso il futuro è una porta sul mondo, strumento tramite il quale realizzare un viaggio iconografico nella storia dell’uomo». Sul palco dell’Auditorium Melotti quindi Michele Di Stefano si accompagna al suo gruppo MK, in questo spettacolo per sei interpreti. Il lavoro si ispira al racconto “Venerdì o il limbo nel Pacifico” dello scrittore Michel Tournier che riprende le vicende del famoso naufrago della letteratura. Di Stefano arriva da autodidatta alla ricerca sul movimento, dopo aver attraversato la scena musicale punk new wave degli anni 80, giungendo nel 1999 a fondare il Mk di base a Roma con cui produce performance e spettacoli di successo come nel caso di “Robinson”. Quest’ultimo spettacolo sta girando da diverse stagioni nei teatri. «Un lavoro - ne scrive la critica - di raro nitore in cui la danza, tesa ad abitare lo spazio, si nutre di una fisicità nervosa ed elegante in uno spazio abitato da pochi oggetti pensati dall’artista visivo Luca Trevisani, avvolto dalla musica originale di Lorenzo Bianchi Hoesch». Di Stefano evoca nello spettacolo un immaginario esotico, in cui i desideri e le paure si sedimentano in un territorio incontaminato, rimodellato per essere al servizio di due grandi flussi dell’economia globale: quello migratorio e quello vacanziero. L’isola di Robinson ha due facce: è un luogo di approdo per viaggiatori intrepidi ma anche un laboratorio della colonizzazione. In questo spettacolo la progettualità amministratrice conferita da Defoe al suo protagonista entra in conflitto con l’innocenza originaria e i limiti procurati dalla mancanza di termini di paragone che giustifica ogni individuo. Anziché rifondare la civiltà, il Robinson di Michele Di Stefano si perde nel paesaggio senza umani fin quando l’incontro con l’altro lo prepara ad una totale reinvenzione di se stesso, come accade nel romanzo di Tournier. Allo stesso modo, la coreografia è soprattutto un atto di apprendimento rispetto a un “fuori” di cui fare incessante esperienza. La danza si definisce tale quando permette a un’altra danza di esistere nei pressi, è dunque semplicemente un linguaggio adottato per l’ incontro.(k.c.)













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