Partendo dal ricordo di Faber Filosi riflette sullo spettacolo 

Questa sera ripropone, al San Marco di Trento, “Dormono tutti sulla collina” e intanto sogna «una programmazione mirata per portare le persone a teatro»


di Katja Casagranda


TRENTO. A vent’anni esatti dalla scomparsa di Faber, ovvero Fabrizio De Andrè, TrentoSpettacoli ripropone lo spettacolo “Dormono tutti sulla collina”, nato una decina di anni fa e ispirato alla vita di Fernanda Pivano con musiche tratte da “Non al denaro, non all’amore, né al cielo” del cantautore genovese. Il monologo di e con Maura Pettorruso, accompagnata da Massimo Lazzeri a voce, chitarra e ukulele e Daniele Filosi alla chitarra, va in scena stasera alle ore 21 al Teatro San Marco. Ne parliamo con lo stesso Filosi, anche presidente dell’Associazione Trento Spettacoli, che lancia qualche provocazione al mondo della cultura trentina.

Partiamo dallo spettacolo?

«Sì, uno spettacolo che ha dieci anni e quindi possiamo dire non è più fresco, ma che abbiamo saputo portare in giro nel tempo con vari cambi di cast. Dopo Trento, saremo sabato a Milano. La nostra realtà è una realtà di produzione e distribuzione di spettacoli, l’unica, in ambito teatrale, riconosciuta dal Ministero qui, al pari della Compagnia Abbondanza Bertoni per quanto riguarda la danza».

Un riconoscimento di professionalità...

«Il riconoscimento e sostegno del Ministero in ambito del Fus comporta un impegno dal punto di vista di giornate di spettacolo e giornate di lavoro, nel senso di giornate contributive, che per il 2018 sono pari rispettivamente a 70 e 700, per il 2019 salgono a 80 e 800 e per il 2020 si parla dell’ordine di 90 e 900. Un bell’impegno, che vuol dire anche sfida nel sapersi rinnovare, nel tessere reti virtuose, collaborazioni, ideare progetti, produrre spettacoli, circuitarli. Siamo stati riconosciuti per il triennio 2015-2017 come “impresa Under 35” mentre per il triennio in corso rientriamo nella categoria “impresa di produzione di sperimentazione”. La valutazione qualitativa riguarda il progetto artistico, mentre quella quantitativa valuta le giornate di lavoro, la diffusione sul territorio, il personale coinvolto, la capacità di reperire risorse. Attorno a Trento Spettacoli ruotano una cinquantina di persone che hanno lavorato».

Quindi arte che si fa lavoro?

«A tal proposito ricordo che a livello provinciale quest’anno è stato introdotto il Fondo Unico Provinciale per lo Spettacolo, Fusp, che riconosce le realtà professionali private con un sostegno su base triennale e criteri qualitativi e quantitativi, che darebbero a professionisti la possibilità di ragionare e programmare a lungo termine. Ciò che si attende, ora che si è insediata la nuova giunta provinciale, è capire l’applicazione di questo strumento. Un sostegno che mira a far crescere l’imprenditorialità culturale a livello locale».

Una realtà, la vostra, molto attiva: cosa bolle in pentola?

«Abbiamo in programma attività di repertorio e il 2019 vedrà la produzione di un lavoro su Hemingway, che nasce da una collaborazione con la Fondazione Museo Hemingway di Bassano. Uno studio è già stato presentato all’interno di Pergine Spettacolo Aperto, con Stefano De Tassis e Woody Neri diretti da Stefano Cordella. E proprio con la Cordella Compagnia Oyes di Milano abbiamo dei progetti. A febbraio lavoreremo sui problemi intergenerazionali al Festival Futuro Anteriore e poi tutti gli altri progetti minori».

Un sogno?

«Lavorare sul territorio in una relazione più stretta con spettacoli ad hoc, come già succede altrove, in una collaborazione con il Coordinamento Teatrale Trentino. E studiare una programmazione mirata per portare le persone a teatro con progetti specifici».

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