L’opera contemporanea con «Vixen» è un tunnel dal quale non vuoi uscire 

Trento. Il lavoro andato in scena sabato sera nelle Gallerie di Piedicastello è coinvolgente La regista Daisy Evans ha creato una storia che incrocia, in elettronica, classico e moderno


katja casagranda


Trento. Difficile non uscire da “Vixen”, della regista Daisy Evans, di Silent Opera, l’opera proposta nella stagione “Oper.A 20.21” organizzata da Fondazione Haydn di Bolzano e Trento e andata in scena sabato e domenica a Le Gallerie di Piedicastello di Trento, senza la sensazione di aver assistito a qualcosa di unico, potente e coinvolgente. Uno spettacolo che ti avvolge, tanto che quando incroci gli attori, anche cantanti e musicisti, al termine mentre ti attardi a salutare altre persone del pubblico, ti verrebbe naturale l’impulso di cantargliene quattro al padre padrone o di abbracciare la ribelle ma al contempo dolcissima Vixen...

Sarà l’ambientazione davvero azzeccata e suggestiva delle Gallerie di Piedicastello, che si sposa in maniera perfetta alle suggestioni di una scenografia ad amplificare quella sensazione di inclusione e pathos partecipativo. Una ambientazione che pare pensata proprio per il recupero urbano museale unico del Museo storico del Trentino, in cui la mostra in allestimento nella galleria bianca, con le fotografie di “Life, Still”, il nuovo sguardo sulla guerra del fotografo Alessio Romenzi, che il pubblico si trova ad attraversare per arrivare alla galleria nera, sembra introdurre perfettamente al mondo in degrado di Daisy Evans. Un mondo fatto di violenza, sopprusi, lotta e quasi post apocalittica, il mondo dei bassifondi londinesi in cui la vita si aggrappa a giacigli di fortuna, lotta per la sopravvivenza e immondizia, in cui sogni e speranze sono esclusi e la dignità viene barattata per un pezzo di pane o un letto caldo. Non per Vixen, la protagonista, esaltata da una stella brillante, la giovanissima soprano Rosie Lomas perfettamente dentro la parte. Una “volpe” di nome e di fatto, alla ricerca di un pezzetto di vita in cui non dover scendere a patti di schiavitù nel mondo dei derelitti, e per di più è donna, in un mondo di bruto maschilismo in cui i sentimenti vengono scambiati per possesso.

Cuffie in testa, il pubblico viene coinvolto facendosi coro di musici cantastorie che accompagnano attraverso la storia, avvolti dalla musica preregistrata dell’Orchestra Haydn che si fonde perfettamente a quella folk eseguita live e alle voci, ulteriormente fusa all’elettronica che permette quel viaggio nel tempo per un’idea di opera nuova e perfettamente attuale di cui Fondazione Haydn risulta “portatore sano” con una stagione operistica che convince e cala perfettamente e in modo felice un genere classico nel secolo in atto. Una vera standing ovation sabato sera a fine musica ne è la perfetta cartina al tornasole.

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