L’odio antisemita raccontato da Fracalossi

Un volume divulgativo, per non dimenticare La storia dei Protocolli dei Savi anziani di Sion


di Renzo Fracalossi


Arriva oggi nelle librerie della regione , edito da Ancora, l’ultima fatica di Renzo Fracalossi, vicepresidente del Coordinamento teatrale trentino, autore teatrale e regista. Il libro si intitola “La scuola dell’odio. Appunti sulla storia dell’antisemitismo in Europa”. Si tratta di un volume scritto con stile semplice e divulgativo che tratta le vicende dell’antisemitismo nel vecchio Continente. Un libro nato dopo aver “frequentato” a lungo la tematica della Shoah e dell’odio razziale nell’attività di palcoscenico. Per gentile concessione dell’autore, ne pubblichiamo qui di seguito un capitolo.

di Renzo Fracalossi

Se durante l’epoca medioevale ed all’incirca fino al Settecento, gli ebrei in Europa sono accusati di reati e nefandezze a carattere singolo o di gruppo ristretto, come nei casi di profanazione delle ostie consacrate, di avvelenamento dei pozzi di acqua potabile e di omicidi rituali di bambini cristiani, con l’Ottocento e con l’avvento della società industriale e quindi del capitalismo, quel tipo di accusa appare ormai inadeguata.

Quei crimini infatti appartengono alla cronaca nera, mentre ben altri sono i nemici della società: progressisti, socialisti, anarchici e comunisti, ma dietro di loro non può non esserci una regia occulta e responsabile quindi di ogni accadimento e di ogni preoccupazione dei conservatori. Prende così piede il mito della grande cospirazione mondiale, un mito che trova il suo fondamento, fra l’altro, dentro un documento dal pomposo titolo: «I Protocolli dei Savi Anziani di Sion», dove vengono raccolti i supposti verbali di alcuni ipotetici dialoghi segreti, intercorsi fra alcuni sionisti, con lo scopo ultimo di dar vita ad un piano occulto per conquistare il dominio totale ed esclusivo sul mondo intero. Il testo sembra ricco di segreti.

Per dar vita ad una congiura ebraica intercontinentale, serve infatti il massimo del silenzio e della complicità. Si tratta di una congiura che, ad esempio, prevede la diffusione dello studio del latino e del greco tra i rampolli della nobiltà europea, con lo scopo occulto di indebolirne così il carattere. E ancora: gli ebrei progettano e vogliono la costruzione di ferrovie sotterranee – le metropolitane – nelle grandi città per poter far saltare in aria qualunque capitale di Stato che si opponesse al dominio mondiale ebraico. Le panzane e le assurdità contenute nell’immaginazione degli autori dei “Protocolli”, per quanto incredibili, diventano in breve alimento goloso per la mente e la cultura di molti protagonisti, più o meno noti, del XIX secolo. Così, sulla scorta di un simile orrido complotto, diventa perfino meritoria l’uccisione degli ebrei, quale “servizio di pubblica utilità” compiuto per salvare la propria patria e, con essa, il mondo intero. Secondo il Testo, gli “Anziani e potenti di Sion” si sono riuniti per elaborare il diabolico disegno di conquista del globo, che si concreta attraverso il progressivo impadronirsi dei sistemi culturali, politici, finanziari ed economici di ogni singola nazione europea, nonchè attraverso le rivoluzioni ed i sommovimenti sociali che hanno scosso il recente passato del continente.

In ventiquattro “dialoghi” si condensano bugie, falsità, pregiudizi, leggende, maldicenze, disprezzo e repulsioni di ogni tipo, adatti ad istillare soprattutto diffidenza ed odio nei riguardi degli ebrei. Il testo non ha, assolutamente, nulla di vero ed è un falso storico di vaste proporzioni, la cui origine pare essere ispirata da un equivoco funzionario di polizia, Piotr Ivanovich Rackovskij, fiero antisemita e protetto dal ministro Sergeij Witte. Nelle sue precedenti mansioni di responsabile di tutte le operazioni segrete russe all’estero, per conto dell’Ochrana, la polizia politica, Rackovskij nel 1884 è stato a lungo a Parigi, a contatto con il mondo dell’esilio dei rivoluzionari russi e proprio in quel frangente sembra aver redatto il testo dei “Protocolli”, in collaborazione con altri antisemiti russi e per scopi di politica interna alla Russia stessa.

Il primo a stampare i “Protocolli “ ed a diffonderli, nel regno dello zar, è Pavel Aleksandrovic Kruservan, giornalista ed editore che, dopo averne curato la traduzione in lingua russa dall’originale in francese, si incarica di favorirne al massimo la circuitazione, soprattutto in relazione al Congresso sionista del 1901, facendo di quell’ammasso di menzogne ed insulti un vero e proprio best-seller dell’epoca e lasciandolo così diventare, al tempo, il libro più letto al mondo dopo la Bibbia. (…)

E così le suggestioni evocate dai “Protocolli”, si radicano arrivando a creare la convinzione che anche la Rivoluzione bolscevica, sia il risultato del grande complotto ebraico, un risultato peraltro ai nostri occhi, decisamente scadente se ottiene che il governo dei Soviet trasformi le antiche sinagoghe in circoli operai, sciolga le istituzioni religiose, culturali e filantropiche ebraiche in tutta l’ U.R.S.S. e dia avvio a due nuovi pogrom antisemiti nel 1918 e nel 1920 con oltre centomila vittime. Nemmeno l’evidenza dei fatti basta, se non si vuole comprendere. Nella Germania sconfitta nella prima guerra mondiale, le teorie dei “Protocolli” attecchiscono subito.

Il complotto ebraico è comodo per nascondere errori e fallimenti di un’intera classe dirigente; dietro le pagine di quel volumetto si nasconde così la sostanziale debolezza di un regime, quello prussiano del Kaiser Guglielmo II, inadatto soprattutto a reggere la sfida della modernità del XX secolo. Nasce allora “Associazione contro l’arroganza ebraica” che, nel 1920, pubblica “I segreti degli Anziani di Sion” ed un coro di lodi esalta questa versione tedesca dei “Protocolli”, con la quale – si afferma pubblicamente – “viene smascherata l’odiosa congiura giudaico-massonica contro la Germania”. (…)

Nel 1923 comincia la grande crisi economica che avrà il suo culmine nel 1929 ed i “Protocolli” diventano una risposta facile alla catastrofe finanziaria che sta esplodendo. Proprio in quel periodo Hitler, che naturalmente ha letto e riletto i “Protocolli”, in un discorso pubblico afferma: « Secondo i Protocolli i popoli devono essere ridotti alla sottomissione con la fame: la seconda rivoluzione sotto la stella di David è l’obiettivo degli ebrei del nostro tempo». La cospirazione e il dominio ebraico sul mondo è sempre la risposta ad ogni problema che il pianeta sta attraversando.

Davanti a tutto questo, in Gran Bretagna, ancora nel 1921, esce la prima dichiarazione ufficiale circa la falsità totale del libro e poi ancora in Svizzera nel 1935 il Giudice federale Meyer, in una sua sentenza contro il “Fronte Nazionale”, un’organizzazione antisemita elvetica, scrive: “Considero i Protocolli una ridicola insulsaggine”. Ciò provoca però, a sua volta, una presa di posizione nazista in Germania, nel 1937, dove si approva una risoluzione solenne, durante la conferenza internazionale del “Weltdienst”, con la quale viene riaffermata storicamente l’autenticità dei “Protocolli”.

Fatto ancora più grave, in Italia, Mons. Umberto Benigni, membro autorevole della Segreteria di Stato vaticana, pubblica per la prima volta i “Protocolli” inserendoli nei supplementi della rivista cattolica “Fede e Ragione” e facendo seguire a ciò l’uscita di un volume dal titolo “I documenti della conquista ebraica del mondo”, volume al quale si ispira poi “L’Osservatore Romano”, con alcuni articoli che mettono in guardia i credenti del pericolo giudeo.

In Francia i “Protocolli” sono noti fin dal primo decennio del Novecento ed è il sacerdote Ernest Jouin che si incarica di divulgare ovunque il rischio connesso al diffondersi dell’ebraismo e dei suoi piani di governo del mondo, fino ad ottenere l’approvazione di Papa Pio XI, che lo nomina “Protonotario Apostolico”, avvallandone così l’azione ed il pensiero.

Ma i “Protocolli” escono anche dall’Europa. Come si vedrà più avanti, il rapporto fra nazismo ed estremismo islamico va fatto risalire al dialogo politico ed ideologico fra il Gran Muftì di Gerusalemme Al Husseini ed i vertici del III Reich, sia prima che durante il secondo conflitto mondiale. Da lì in poi si assiste ad un fiorire di edizioni del volumetto in lingua araba ed in inglese, ovvero nelle due principali lingue del mondo islamico medio-orientale e mediterraneo. Una diffusione che grazie ad alcune potenti agenzie di stampa di taluni governi arabi, non si è ancora arrestata, se è vero, com’è vero, che il 16 ottobre 2002 all’inaugurazione della Biblioteca nazionale ad Alessandria d’Egitto i ventiquattro dialoghi dei “Protocolli” sono stati esposti e largamente promozionati e divulgati.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano