L’idea del viaggio trentino come ispirazione del Poeta 

La teoria. La ricercatrice - per passione - locale Roberta Calaresu ha ricostruito gli eventi che avrebbero portato Dante nella nostra provincia dandogli lo spunto per la Divina Commedia


Katja Casagranda


trento. Ha i contorni di un giallo e le atmosfere di un romanzo alla Dan Brown, lo studio che da oltre trent’anni, con certosino lavoro fra libri antichi, archivi e testi storici, d’ arte e geografia, racconti della tradizione popolare, leggende e - soprattutto - minuziosa ricostruzione, ha permesso a una studiosa trentina di fare una scoperta che lei ritiene, nessuno aveva mai saputo cogliere.

Un «puzzle» storico.

Tre sono gli elementi fondamentali di un quadro unitario che come un puzzle, tassello dopo tassello, Roberta Calaresu ha messo assieme creando il quadro unitario di una storia dimenticata. Storica autodidatta e appassionata di storia locale e arte, nonché di simbologia, la Calaresu partendo dalla ricostruzione storica della morte del Simonino si è trovata a fare una rilettura degli affreschi del Ciclo dei Mesi di Torre dell’Aquila, a Trento, in cui ha scoperto la denuncia di chi ha organizzato, ordito e partecipato all’uccisione di Simonino, di cui venne accusata la comunità ebraica di Trento. Una condanna però ritrattata come si legge su una targa esposta proprio a Trento. Ma in cui scopre una mappa che attraversa geograficamente tutto il Trentino, una mappa che segue passo passo la Divina Commedia di Dante Alighieri.

Il viaggio dantesco.

Quindi la Divina Commedia sarebbe la rielaborazione di un diario di viaggio redatto da Dante Alighieri durante una sua missione diplomatica in terra trentina. «Da sempre ho avuto la curiosità di studiare a fondo la vicenda del Simonino - racconta Roberta Calresu - per questo ho letto tutto ciò che ho trovato al riguardo e anche tutti i documenti dell’epoca, in latino, redatti di interrogatori, confessioni e tribunale. Stiamo parlando del 1400... Quasi per caso ho iniziato a legare gli affreschi di Torre dell’Aquila al fatto. Erroneamente vengono fatti risalire a un certo Mastro Venceslao che, c’è il documento, ha fatto dei lavori nella torre, ma non si specifica quali. Eppure ci sono elementi architettonici posteriori che Venceslao non avrebbe potuto conoscere. Quindi anche grazie alla mia passione per l’araldica e la simbologia, all’epoca linguaggio ben preciso - per dire, una donna con i capelli raccolti era simbolo di donna sposata, con i capelli sciolti invece era nubile... - ho iniziato a “leggere” una trama. Poi sempre per casualità rileggendo Dante e la Divina Commedia ho iniziato a trovare continui riferimenti geografici che si adattavano perfettamente a un percorso proprio qui in Trentino. D'altronde Trento è nominata nell’opera dantesca e in Trentino ci sono molti riferimenti a un passaggio di Dante. Così ho intuito che gli affreschi davano una consecuzione temporale a un viaggio e ne disegnavano una mappa».

La «missione» locale di Dante.

Secondo la studiosa insomma Dante nel 1300, mentre era ospitato nella città scaligera, sarebbe stato inviato da Cangrande della Scala in Trentino per redigere un accordo con i vari signori in lotta fra loro per il passaggio Nord-Sud legato anche al Giubileo che avrebbe chiamato a Roma i pellegrini. Storicamente Dante risulta a Verona e proprio durante questo soggiorno se ne perdono le tracce per qualche tempo. Proprio il tempo in cui avrebbe compiuto tale missione diplomatica che avrebbe potuto ispirare la Divina Commedia, che Dante dà alla luce gli anni successivi.

«Ritengo che il “pittore”- dice la Calaresu -, memore del passaggio del Poeta di cui a 200 anni di distanza c’era sicuramente memoria, abbia usato la Divina Commedia per inchiodare tutti i personaggi ritratti, di cui esistono nomi e cognomi se li si sa leggere, alle proprie colpe e lasciare l’accusa in vista ai posteri, in attesa che si facesse giustizia storica non potendo esporsi all’epoca dei fatti se non in questo modo».

Una teoria di grande fascino che trova riscontro anche negli scritti di Antonio Pranzelores, per esempio, oltre che nelle leggende e che ora la storica investigatrice sta diffondendo via web con il sito Semita Tridentum e la relativa pagina facebook .

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