Aborto, in difesa della legge 194 

Trento, oggi alla Bookique Camilla Endrici con il suo nuovo libro-manifesto



TRENTO. Di recente è intervenuto anche il Consiglio d’Europa che ha richiamato l’Italia a garantire l’esercizio della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza a causa dell’alto numero di medici obiettori di coscienza che, di fatto, ostacolano moltissime donne, non consentono loro di abortire nelle strutture sanitarie più vicine a casa. E non è la prima volta. E’ già successo nel 2014 e nel 2016. Una legge, approvata nel 1978, che, comunque la si pensi, è un cardine della civiltà giuridica di questo Paese, a meno che non si intenda tornare all’aborto clandestino e alle mammane. Una normativa sotto attacco, anche da parte del governo provinciale a trazione leghista che si chiede, preoccupato, come mai in Trentino gli aborti siano in aumento. Camilla Endrici, 36 anni, che a Trento è ritornata dopo molti anni passati a Bologna, copywriter freelance, ha scritto “194, diciannove modi per dirlo”, pubblicato da Giraldi Editore, da poco in libreria. Sugli scaffali anche un suo saggio di tutt’altro tipo: “Trento-Una guida”. “194, diciannove modi per dirlo” sarà presentato oggi, martedì 5 febbraio, a Trento, alla Bookique della Predara, in via Torre d’Augusto, alle 18,30 per iniziativa de “la piccola libreria” di Levico Terme in collaborazione con le associazione “Laici trentini per i diritti civili” e “Donne in cooperazione”. L’autrice dialogherà con il ginecologo Emilio Arisi, ex primario del reparto ostetricia dell’ospedale S.Chiara di Trento. «Ho cominciato a lavorare a questo libro un paio d’anni fa – riflette Camilla Endrici – Quindi, non mossa dagli attacchi alla 194 sollevati ultimamente dal governo gialloverde. Piuttosto, da un vissuto personale anche se nelle poco più di cento pagine tutto ciò non è messo in primo piano».

E cosa, invece, ha messo in risalto?

«Ho raccolto 19 testimonianze di donne, raccontato la loro esperienza di interruzione della gravidanza. I nomi sono di fantasia ma le storie sono vere».

Ha scritto questo racconto a più voci per dire cosa?

«Fondamentalmente per dare concretezza e un peso tangibile a delle esperienze femminili, a storie di donne che hanno vissuto l’aborto. Se no il discorso sull’interruzione di gravidanza rischia di rimanere astratto, buono per ogni tesi politica o elucubrazione ideologica e di parte, perdendo la propria componente esperienziale. Penso sia invece importante confrontarsi con delle voci vere».

Con che risultati?

«Mi trovo quotidianamente a confrontarmi con donne che hanno deciso di abortire e con le quali mi relaziono, è capitato anche l’altra sera a cena con diverse mie amiche, ma anche con parecchi uomini che mi ringraziano perché attraverso quello che ho scritto si sono trovati a ragionare sul tema. E’ un percorso di condivisione, sinceramente anche inaspettato, che ritengo significativo».

Oggi, una legge come la numero 194 che significato riveste?

«La normativa permette alle donne di abortire. Ma fino a un certo punto».

Per quale motivo?

«Semplicemente perché ci sono troppi medici obiettori. E in tanti casi molte donne hanno difficoltà ad esercitare un loro diritto. Penso che, negli ospedali, di medici obiettori non dovrebbero proprio essercene». (pa.pi.)















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