Vendita irregolare  terza batosta  per l’ex farmacista 

Rovereto. In primo grado Tarek El Banna, all’epoca dei fatti dipendente della farmacia di Villa Lagarina, era stato condannato dal giudice di Rovereto nel novembre 2015 ad un anno e 2 mesi per...



Rovereto. In primo grado Tarek El Banna, all’epoca dei fatti dipendente della farmacia di Villa Lagarina, era stato condannato dal giudice di Rovereto nel novembre 2015 ad un anno e 2 mesi per vendita illecita di farmaci e spaccio di sostanze dopanti. Alla pena si era arrivati rivedendo l’imputazione originaria riconoscendo, stantii medesimi elementi in fatto, una qualificazione giuridica meno pesante.

Il ricorso in appello.

Contro la sentenza aveva presentato appello la Procura (che non a caso aveva chiesto 3 anni di condanna) e la Corte d’Appello aveva dato parzialmente ragione all’accusa, appesantendo la condanna di primo grado, il 27 ottobre 2017. Tarek El Banna ha proposto ricorso in Cassazione. Contestando sia le modalità di svolgimento del processo di secondo grado (mutando l’imputazione sarebbe stato necessario a suo dire rinnovare l’istruttoria, risentendo i testimoni) sia le conclusioni a cui era giunto sulla colpevolezza. Perché l’ex farmacista ribadiva che i farmaci trovati in casa sua erano destinati all’utilizzo familiare e quanto alle ipotizzate (dall’accusa) vendite su un mercato parallelo e clandestino di farmaci senza ricetta ed a costi inferiori a quelli normali, non sarebbero state che consegne avvenute occasionalmente in luoghi anomali (in strada, per fare un esempio) di farmaci che i pazienti avrebbero comunque avuto diritto ad ottenere: le posizioni sarebbero state regolate in seguito da regolari ricette mediche. Insomma, un favore a clienti abituali della farmacia, nulla di più.

La sentenza definitiva.

La Corte di Cassazione ha respinto sia gli argomenti di legittimità, sia quelli di merito (richiamati “di rimbalzo” in un giudizio che del merito non si dovrebbe occupare) denunciando la violazione di legge ed il difetto di motivazione. Per la necessità di risentire i testimoni, semplicemente non è prevista per la diversa configurazione del reato ma partendo da fatti identici, perché è sui fatti che vengono sentiti i testimoni.

Per il merito, le quantità dei farmaci detenuti e venduti, i molti anni in cui la pratica sarebbe proseguita e la mancata regolarizzazione con prescrizioni successive rendono la tesi difensiva insostenibile. Tanto insostenibile da condannare il ricorrente non solo al pagamento delle spese di giudizio, ma anche di 2000 euro alla Cassa delle Ammende per avere proposto un ricorso in Cassazione partendo da presupposti tali da far supporre che si sia trattato di un atto meramente dilatorio. L.M.













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