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Portobeseno si interroga sul turismo che cambia le città

BESENELLO . Come il turismo di massa sconvolge i luoghi. Passa dagli esempi di Venezia, Rimini e Napoli la nuova edizione del festival Portobeseno, che si terrà a Castel Beseno venerdì e sabato...



BESENELLO . Come il turismo di massa sconvolge i luoghi. Passa dagli esempi di Venezia, Rimini e Napoli la nuova edizione del festival Portobeseno, che si terrà a Castel Beseno venerdì e sabato prossimi. Incontri, documentari, concerti, installazioni e i prodotti artistici di una residenza di otto artisti. L'edizione del 2018 del festival che mescola multimediale e territorio locale si intitola non a caso "No visit". Quest’anno la riflessione sul territorio passa attraverso le esperienze di altre realtà italiane, luoghi dell’immaginario collettivo messi in discussione dall’effimero turismo di massa.

«Abbiamo invitato autori, artisti del suono e antropologi di tre città italiane molto simboliche: Venezia, Rimini e Napoli in un’ideale triangolazione di luoghi particolarmente cannibalizzati da fruizioni superficiali», spiegano Davide Ondertoller e Sara Maino curatori della rassegna. Le pratiche che Portobeseno porta avanti si rifanno all’utilizzo dei linguaggi contemporanei, declinando soprattutto l’ascolto e i suoni in registrazioni ambientali, interviste, passeggiate sonore e dj set, ma ampliando il punto di vista anche al video, alla fotografia e all’installazione. «Ne nasce un paesaggio sonoro contemporaneo, complesso e composito, fatto di sensazioni e di un patrimonio anche intangibile di saperi e di saper ascoltare mentre è piatta l’immagine che i territori hanno e sono abituati a dare di sé, sempre più piegata ai gusti dei consumatori e del turismo di massa», proseguono i curatori. Al festival ci sarà anche l'intervento di otto artisti, che stanno conducendo a Venezia una ricerca nell’ambito del racconto dei luoghi. Il loro intervento, che si tradurrà in performance e installazioni create in maniera site specific e presentate durante il festival, continuerà il gioco di parole innescato dal titolo, trasformando per assonanza la negazione del titolo in un “KnowVisit”, traducibile come “saper visitare”. Saper visitare i luoghi, come può essere lo stesso castello, un messaggio che da anni Maino e Ondertoller cercano di trasmettere con il festival.













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