ROVERETO. Le dimissioni del direttore del museo civico Franco Finotti a 10 mesi dalla pensione (in pratica, si è autoesodato) sono state un fulmine a ciel sereno per la città. La coincidenza che siano arrivate nemmeno un anno dopo l’approdo di Giovanni Laezza alla presidenza della Fondazione non poteva passare inosservata. Le ultime esternazioni dello stesso Finotti, che ha lamentato di essere stato sostanzialmente abbandonato dalla “politica” (leggi sindaco e giunta) hanno trasformato il tutto in un caso anche per la politica locale. Con il consigliere Vergnano che ha chiesto quindi lumi al sindaco Valduga su cosa sia successo. Tra l’altro riferendo di una voce che gira in città, ovvero che lo stesso Finotti sarebbe stato quasi mobbizzato dopo essersi pubblicamente esposto contro il progetto Tav, denunciando i rischi idrogeologici che scavare sotto Zugna e Pasubio comporterebbe.

Il sindaco ha risposto fugando prima di tutto quest’ultimo dubbio: nessuno, ha detto, ha spinto Finotti ad andarsene, ma anzi lui stesso ha cercato fino all’ultimo di farlo rimanere, cercando un accordo che riteneva di avere raggiunto a dicembre, quando addirittura si era concordata una sua permanenza anche dopo la pensione al Museo. Poi lo stesso Finotti ha deciso diversamente e lo ha annunciato da solo: nello stesso accordo di dicembre era previsto anche che ci sarebbe stata una conferenza stampa congiunta.

Ma perché si è dimesso? “Due personalità forti e visioni parzialmente diverse” ha detto Valduga. Si potrebbe tradurre con il proverbiale “due galli in un pollaio”. Finotti più legato alla funzione “alta” del museo, alle sue attività di ricerca di livello mondiale. Laezza più attendo alla divulgazione e alla capacità attrattiva nei confronti del grande pubblico, perché la cultura è fondamentale ma oggi non può prescindere dalla necessità di autofinanziarsi. Non si sono piaciuti, non si sono capiti. Non serve scomodare la Tav.(l.m)